Tra miniere dismesse e ghiacci che si ritirano, le Svalbard si scoprono nuova frontiera del turismo artico. Ma la bellezza incontaminata dell’Artico ha un prezzo.
La metamorfosi delle Svalbard
La remota isola di Spitsbergen e le sue sorelle, note collettivamente come arcipelago delle Svalbard, stanno attraversano una serie di cambiamenti epocali, che non riguardano solamente il riscaldamento climatico. Scoperte nel XVI secolo e un tempo terra di baleniere e minatori, le isole più settentrionai d’Europa sono state a lungo sfruttate per le loro risorse naturali, principalmente per quelle nascoste sotto la terra (e il ghiaccio).

Il carbone in particolare divenne, dagli inizi del ‘900, il pilastro economico locale. Compagnie norvegesi e russe fondarono insediamenti minerari permanenti, vere e proprie cittadine costruite nelle lande gelate dell’arcipelago. Il Trattato del 1920 riconobbe la sovranità della Norvegia sulle Svalbard, ma concesse a tutti i Paesi firmatari pari diritti di sfruttamento delle risorse. In virtù di tale accordo, la presenza russa è rimasta significativa per decenni, con miniere attive a Barentsburg e (fino al 1998) a Pyramiden.
Oggi quell’epoca volge al termine. La produzione di carbone è crollata negli ultimi decenni. La compagnia mineraria statale Store Norske ha progressivamente ridotto l’estrazione a causa del calo dei prezzi e delle pressioni ambientali, riconvertendosi verso attività immobiliari e turistiche. Le ultime miniere norvegesi sono previste alla chiusura entro quest’anno, segnando di fatto la fine di un’era.
Lo storico impianto a carbone di Longyearbyen è già stato spento nel 2023, preludio a una transizione verso fonti rinnovabili. Presto l’unica miniera in funzione sarà quella di Barentsburg, ma la sorte degli insediamenti russi alle Svalbard, dallo scoppio della guerra in Ucraina, segue una logica diversa, di cui vi abbiamo già parlato qui. I norvegesi, d’altro canto, puntano ora su altre risorse: la scienza e, sempre più, il turismo.
Il boom del turismo alle Svalbard
Da ormai oltre vent’anni, i paesaggi maestosi di queste isole – ghiacciai, fiordi e una ricchissima fauna – richiamano visitatori da ogni angolo del mondo, desiderosi di vivere un’avventura “ai confini della Terra”. I numeri testimoniano il trend: il totale di persone sbarcate da navi turistiche è passato da circa 24.000 nel 1996 a circa 92.000 nel 2024, escludendo gli sbarchi nei centri abitati. Dopo la flessione dovuta alla pandemia di COVID-19, il flusso turistico ha rapidamente recuperato, superando persino i livelli pre-2020.
Una fetta consistente di questo fenomeno è rappresentata dal turismo crocieristico. Accanto ai voli di linea che collegano Longyearbyen alla Norvegia continentale, sono soprattutto le navi da crociera a portare masse di visitatori in estate. Nel 2023 ben 32 navi da crociera di spedizione (le cosiddette expedition cruise, di dimensioni medio-piccole) hanno trasportato quasi 24.000 passeggeri alle Svalbard, in aumento rispetto ai ~20.000 del 2019.
Si tratta di navi specializzate per navigare nelle acque artiche, spesso con a bordo meno di 200 turisti ciascuna. Non mancano tuttavia anche i grandi liner di crociera tradizionale: alcune navi da oltre 1000 passeggeri fanno tappa a Longyearbyen durante l’estate, scaricando in poche ore più persone di quante ne abitino stabilmente la cittadina.
Questo mix di turismo d’élite avventuroso e turismo di massa in transito fa sì che il settore crocieristico sia oggi una componente chiave dell’economia locale. Un report recente stima che i visitatori arrivati via crociera abbiano generato 361,5 milioni di corone norvegesi (NOK) di entrate per l’economia di Svalbard nel 2024 – pari a circa il 9% di tutta l’attività economica dell’arcipelago.

Opportunità e benefici, ma non solo
L’espansione del turismo alle Svalbard offre nuove opportunità economiche in una comunità che sta cercando di reinventarsi dopo l’era mineraria. Nel 2021 i settori della ricettività, ristorazione e servizi pubblici già pesavano più dell’industria estrattiva, segno di un cambio di paradigma in atto. I proventi delle attività turistiche contribuiscono anche a finanziare iniziative locali: ad esempio, nel 2024 i soli crocieristi hanno versato circa 10 milioni di NOK in tasse ambientali destinate all’Environment Fund delle Svalbard, fondo utilizzato per progetti di conservazione.
Le istituzioni locali sottolineano inoltre l’importanza di privilegiare la qualità sulla quantità nel turismo artico. E in effetti, i dati confermano che le crociere “expedition” di piccola scala generano una spesa locale maggiore per passeggero rispetto ai giganti del mare: si stima un contributo medio di circa 8.090 NOK a turista per le crociere di spedizione contro 2.960 NOK per le crociere convenzionali. Ciò avviene perché i viaggiatori delle piccole navi tendono a fermarsi più a lungo alle Svalbard (magari prima o dopo la crociera), dormendo in hotel, mangiando nei ristoranti locali e acquistando servizi ed escursioni, mentre le grandi navi spesso fanno soste brevi con minore indotto diretto a terra.

D’altro canto, la rapida ascesa del turismo pone serie sfide ambientali e sociali in un ecosistema tanto fragile. Oltre metà del territorio delle Svalbard è sottoposto a tutela (parchi nazionali, riserve) a testimonianza della sua importanza naturalistica e vulnerabilità. L’arrivo di decine di migliaia di persone all’anno negli habitat incontaminati rischia di disturbare la fauna selvatica – basti pensare agli orsi polari, ai trichechi o agli uccelli migratori che nidificano sulle falesie.
Un episodio eclatante avvenne nel 2018, quando una nave di crociera organizzò un’escursione a terra nell’estremo nord: un orso polare attaccò una guida e venne abbattuto a fucilate dagli addetti alla sicurezza, suscitando sdegno internazionale. Questo evento, pur isolato, evidenzia i rischi del portare visitatori inesperti in territori dominati da predatori selvaggi, e ha alimentato il dibattito su come proteggere sia gli animali che le persone in un contesto di turismo estremo.
Il paradosso del riscaldamento climatico
Vi è poi l’aspetto delle emissioni climalteranti legate al turismo. Paradossalmente, il riscaldamento globale sta rendendo l’Artico più accessibile, rendendo i fiordi liberi dai ghiacci per periodi più lunghi, con temperature meno proibitive. Ma questo innesca una forma di “turismo dell’ultima spiaggia”, con molti viaggiatori che desiderano vedere con i propri occhi i ghiacciai e i ghiacci marini delle Svalbard prima che scompaiano.
Tuttavia, questa corsa a catturare gli ultimi scorci di Artico incontaminato contribuisce a sua volta al cambiamento climatico che minaccia la regione. I voli aerei intercontinentali e le crociere artiche emettono gas serra significativi, ironicamente accelerando lo scioglimento dei ghiacci che i turisti vengono a osservare.
Inoltre, è bene ricordare che se la fusione dei ghiacci da un lato agevola la navigazione turistica in mesi in cui prima era impensabile, dall’altro crea seri problemi agli abitanti. Basti pensare al tema dello scioglimento permafrost, su cui sono costruite le fondamenta degli edifici di Longyearbyen. Decine sono stati spostati e ricostruiti negli ultimi anni, a causa del terreno sempre meno stabile.

Le nuove regole per un turismo sostenibile
Consapevole di queste delicate questioni, la Norvegia ha introdotto nuove normative ambientali per le Svalbard con l’obiettivo di incanalare il più possibile il turismo entro confini sostenibili. A partire dal 1° gennaio 2025 sono entrate in vigore una serie di restrizioni e linee guida più stringenti rivolte soprattutto alle crociere e alle escursioni nelle zone selvagge.
In base alle nuove regole, nelle aree protette (che comprendono gran parte dell’arcipelago) le navi da crociera con oltre 200 passeggeri non potranno più effettuare sbarchi, e qualsiasi sbarco turistico a terra sarà consentito solo in 43 siti autorizzati e mappati dalle autorità. Questo significa che i grandi mega-cruise potranno al massimo sostare a Longyearbyen (fuori dalle zone parco) ma non portare folle nelle insenature più remote.
Inoltre è stato vietato l’uso di droni all’interno di parchi e riserve, per evitare il disturbo alla fauna. Particolare enfasi è posta sulla protezione degli animali simbolo: durante le escursioni ora va mantenuta una distanza minima di sicurezza dagli orsi polari (300–500 metri a seconda del periodo) e dai trichechi (almeno 150 metri dalle colonie sulle spiagge). Viene proibito qualunque approccio aggressivo alla natura, incluso il divieto di rompere la banchisa di ghiaccio marino con le imbarcazioni, pratica dannosa per gli ecosistemi (fanno eccezione solo le esigenze di sicurezza e rifornimento nelle rotte verso gli insediamenti).
Queste normative, frutto di emendamenti al Svalbard Environmental Protection Act approvati dal Parlamento norvegese, rappresentano uno sforzo concreto per mitigare gli impatti del turismo. Secondo il White Paper governativo 2023-2024, il boom turistico del 2012-2019 – in particolare l’esplosione delle crociere expedition – stava mettendo in crisi gli obiettivi di tutela ambientale nell’arcipelago. La risposta di Oslo è stata rafforzare le regole e la pianificazione, cercando di trovare un punto di equilibrio tra conservazione e fruizione pubblica.
Potenzialità da gestire
In definitiva, il turismo alle Svalbard si configura come un fenomeno ambivalente, ricco di potenzialità economiche ma anche foriero di rischi in un ambiente unico e delicatissimo. L’abbandono del carbone e la transizione verso il turismo segnano un cambiamento storico per queste isole. Da terra da sfruttare a destinazione turistica per chi cerca il fascino estremo del Polo Nord.
Sta ora alle politiche di gestione – e al comportamento responsabile di ogni visitatore – fare in modo che questa trasformazione sia sostenibile. Le Svalbard possono essere un laboratorio di convivenza tra uomo e natura nell’Artico: i riflettori del mondo sono puntati su come la Norvegia e la comunità locale sapranno guidare il turismo artico, bilanciando sviluppo e conservazione in uno dei luoghi più fragili del pianeta. Solo il tempo dirà se questo fragile equilibrio potrà reggere, permettendo alle future generazioni di godere delle meraviglie delle Svalbard senza rimpianti né compromessi irreversibili.
Enrico Peschiera