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La Svezia rafforza la difesa, ma sacrifica la sostenibilità

La Svezia annuncia un massiccio rafforzamento della difesa, bloccando contestualmente la costruzione di tredici parchi eolici offshore per timore delle interferenze che causerebbero ai radar.

Difesa totale

“La Russia sta radendo al suolo le città, attaccando le infrastrutture e trattando la popolazione civile come obiettivi legittimi. Il governo svedese sta ora sviluppando capacità di difesa totali per affrontare queste minacce.”

Il governo svedese ha recentemente pubblicato un documento che rappresenta una pietra miliare per lo sviluppo della difesa dello stato scandinavo, attore storicamente neutrale che ha però intrapreso un cambiamento epocale con l’entrata nella NATO, avvenuta ufficialmente solo pochi mesi fa. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha infatti stravolto quella politica di autonomia strategica che aveva contraddistinto la politica svedese lungo tutto il corso del Novecento.

L’adesione all’Alleanza Atlantica ha portato quindi un aumento consistente degli investimenti militari, ora sancito dalla “Risoluzione per la Difesa Totale” pubblicata qualche giorno fa. Vi si annuncia uno stanziamento storico di 170 miliardi di corone svedesi (circa 14,79 miliardi di euro) in difesa nei prossimi sei anni, insieme a 37,3 miliardi (circa 3,1 miliardi di euro) per la difesa civile.

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L’obiettivo dichiarato è quello di raggiungere una spesa del 2,6% del PIL entro il 2028. Parte del piano prevede la creazione di due brigate meccanizzate per il combattimento subartico nel nord del Paese, mirate a difendere il territorio da potenziali attacchi dei russi, principale minaccia e “nemico pubblico” ormai dichiarato apertamente, come nella citazione riportata sopra, incipit del documento strategico.

Stop all’eolico offshore

Parallelamente a questi investimenti, La Svezia ha recentemente bloccato lo sviluppo di tredici parchi eolici offshore nel Mar Baltico per motivi di sicurezza nazionale, nel contesto di una crescente preoccupazione per le minacce della Russia. La decisione riflette un dilemma fondamentale che molti Paesi stanno affrontando: bilanciare le esigenze della sicurezza con gli obiettivi di sostenibilità ambientale.

Il ministro della difesa del paese, Pål Jonson, ha dichiarato lunedì scorso che il governo ha respinto i piani per tutti tranne uno dei 14 parchi eolici pianificati lungo la costa orientale. Una decisione arriva dopo che le forze armate svedesi avevano concluso che i progetti avrebbero creato delle interferenze e avuto impatti negativi sulle capacità di difesa del Paese: “Il governo ritiene che porterebbe a conseguenze inaccettabili per la difesa della Svezia costruire gli attuali progetti nell’area del Mar Baltico”, ha affermato Jonson.

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I parchi eolici offshore nel Mar Baltico avrebbero prodotto una capacità complessiva di 32 GW, che avrebbero più che raddoppiato la capacità elettrica del paese, in un momento storico che vede aumentare considerevolmente il fabbisogno energetico della Svezia. Questa decisione quindi non solo blocca un’importante espansione delle energie rinnovabili, ma mette in evidenza un conflitto tra la sicurezza e la transizione energetica. Mentre la Svezia si era posta obiettivi ambiziosi per aumentare la quota di energia sostenibile, la crescente tensione geopolitica la spinge oggi a dare priorità ai propri sistemi difensivi piuttosto che al raggiungimento della neutralità climatica.

Il dilemma europeo: sicurezza o sostenibilità?

Questo sacrificio della sostenibilità a favore della sicurezza è sintomatico di un dilemma che si estende oltre i confini svedesi. Molti Paesi europei sono oggi costretti a valutare l’impatto delle infrastrutture sostenibili sulla sicurezza nazionale, soprattutto in aree sensibili come il Mar Baltico. Tuttavia, altre nazioni con accesso al Baltico, come la Polonia e la Lituania, stanno perseguendo la via opposta: vedono nell’eolico offshore non solo una soluzione energetica, ma anche un’opportunità per integrare radar e sonar in grado di migliorare il controllo del territorio e la cooperazione con le forze NATO.

WindEurope, organizzazione che promuove l’installazione dell’eolico in Europa, ha rilasciato un comunicato dai toni di forte condanna, che titola “La Svezia mette a rischio la sua competitività industriale e la sicurezza energetica”. Leggendolo si evince in realtà il complicato rapporto fra lo stato scandinavo e la tecnologia eolica: nonostante la sua ampia linea costiera nel Mar Baltico e il Kattegat, l’impiego dell’eolico offshore in Svezia è in stallo da anni. Oggi la Svezia ha solo 0,2 GW di parchi eolici offshore, cifra impietosa se paragonata ai 2,6 GW della vicina Danimarca.

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Sulla mappa: i progetti offshore annullati sono contrassegnati in rosso – © Governo svedese.

“Ancora una volta la Svezia è l’ultima della classe per quanto riguarda l’eolico offshore. Il governo svedese è stato poco disponibile per l’eolico offshore per molti anni. Ma un divieto assoluto sullo sviluppo dell’eolico offshore in ampie zone del Mar Baltico è inaudito. Una decisione che non ha senso, soprattutto quando tutti gli altri paesi attorno al Mar Baltico vogliono costruire più eolico offshore e stanno procedendo bene in tal senso”, ha affermato Giles Dickson, CEO di WindEurope.

Insieme alla NATO e all’Agenzia Europea per la Difesa (EDA), WindEurope sta promuovendo progetti come “Symbiosis”, che mirano a trovare soluzioni compatibili per l’integrazione tra difesa e sostenibilità. “I governi europei non devono soccombere alle intimidazioni e alle interferenze russe nelle politiche energetiche. L’eolico offshore significa più sicurezza energetica e meno dipendenza dalle importazioni di energia russe. La Russia vuole che la transizione di successo dell’UE verso fonti rinnovabili locali ed economiche fallisca. Ma diciamolo chiaramente: l’eolico offshore può coesistere felicemente con l’attività militare”, ha dichiarato Dickson.

Un compromesso necessario

In uno scenario sempre più segnato da incertezze geopolitiche, la Svezia si trova di fronte a una scelta difficile tra rafforzare le proprie capacità di difesa e mantenere gli impegni per una transizione energetica sostenibile. La cancellazione dei parchi eolici offshore mette in luce un compromesso che potrebbe risultare sempre più necessario per altri Paesi europei, chiamati a difendere i propri territori pur cercando di ridurre la dipendenza energetica dai combustibili fossili. La questione resta aperta: è possibile garantire la sicurezza nazionale senza sacrificare l’ambiente?

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Marines svedesi in azione durante NATO Steadfast Defender 2024. (Flickr.com/NATO)

Nel caso dei parchi eolici offshore, la domanda è più che mai rilevante. La Svezia sembra aver risposto per ora in modo prudente, optando per un consistente rafforzamento della sicurezza a discapito di una maggiore sostenibilità. Ma una realtà come WindEurope sostiene che un’integrazione è possibile e, anzi, persino auspicabile sia per i benefici energetici che per la copertura di radar e sistemi di difesa.

Ignoriamo quale sia la giusta risposta in questo contesto, se la visione dei militari svedesi oppure quella che promuove l’eolico offshore. Per concludere, tuttavia, possiamo azzardare una considerazione che speriamo non risulti banale, bensì necessaria: la guerra non è mai sostenibile.

Enrico Peschiera

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Enrico Peschiera
Genovese e genoano, sono laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Maastricht. Oggi mi occupo di comunicazione aziendale e scrivo di geopolitica, logistica e portualità.

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