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Navigando verso Nord

© Osservatorio Artico

Prosegue verso Nord il viaggio del veliero Linden, nell’avventura curata da FRAMTours che possiamo seguire da bordo, con il nostro inviato Enrico Peschiera.

Prua a Nord

Lasciando Pyramiden, che ci aveva accolto con un grigiore spettrale molto adatto all’atmosfera della vecchia città-miniera sovietica, si è aperto uno squarcio nel cielo. Il sole fa brillare le cime imbiancate, il mare si tinge di cobalto. È bene ricordare che, in questa stagione, non tramonta mai. Ma se le nuvole lo nascondono, la luce resta perennemente del colore delle montagne. Grigie e nebbiose, queste pareti tagliate dall’acqua mettono quasi paura. Al contrario, con il sole tutto diventa meraviglioso e splendente.

svalbard islands
© Osservatorio Artico

Siamo fortunati. Birk, un ragazzone norvegese dalla folta barba rossiccia che tira le corde del Linden come fossero fili da cucito, mi dice che negli ultimi due mesi il sole lo ha visto solo due volte. Ci fermiamo di fronte al Nordenskiöld, il ghiacciaio che Lenin ammira da lontano. Prende il nome dal primo esploratore svedese che giunse qui a scoprire il giacimento di carbone, dopo poco ceduto ai sovietici. Un muro di ghiaccio del genere non lo avevo mai visto da vicino, e fa impressione. Mette soggezione, sembra una gigantesca creatura vivente, così potente eppure così fragile. Come un guerriero antico che arretra, ogni anno di più, senza però perdere la sua dignità. A testa alta. Il Linden si inchina a te! Ma la strada è lunga, dobbiamo andare a nord ovest, direzione Ny-Ålesund.

Ci fermiamo, dopo qualche ora di navigazione, di fronte a un altro ghiacciaio, ma è più lontano perché davanti a sé ha ancora un sottile strato di ghiaccio marino che si sta ritirando. Binocoli alla mano, vediamo una foca beatamente spiaggiata su questo bianco candido, che riflette il sole talmente tanto che vedo tutto ondulato, come fosse il deserto del Sahara. Una dozzina di beluga spuntano dall’acqua a qualche centinaio di metri, quanto basta per distinguere il color latte di questi simpatici abitanti del mar glaciale poco ghiacciato. Poi uno sbuffo: c’è una pinna che spunta! Una balena, pronipote di quelle cacciate dai discendenti di Barents. Non le hanno uccise tutte, per fortuna.

balene svalbard
© Osservatorio Artico

Chi abita le Svalbard

Divorata la nostra deliziosa cena, (salamat, in filippino, vuol dire grazie per il cibo, mi bisbiglia Filippo. “thank you sir”, mi dice il cuoco, un ragazzo tanto simpatico quanto bravo ai fornelli) ce ne andiamo a dormire. Mi addormento a fatica, e mi risveglio a fatica.

È mattino. Un breve giro sul gommone e arriviamo a pochi metri dalla sottile banchisa che scrutavamo ieri dal Linden. La foca è ancora lì, imperturbabile. Non sembra temere l’arrivo del re dell’Artico, di cui è il pasto preferito. Le auguriamo il meglio e torniamo a bordo. Dobbiamo rimetterci in marcia, la via è lunga.

norvegia svalbard animali
© Osservatorio Artico

Un giorno intero sul Linden, che stavolta viaggia a motore perché il vento è quasi sparito, con una giornata di sole del genere, è già diventato il mio concetto di paradiso. Se qualcosa del genere esiste, deve assomigliare a questo. Tutti i membri della crew trasmettono una serenità che temo si possa provare soltanto a duemila chilometri dal più vicino McDonald’s.

La giusta colonna sonora

Vento fra i capelli ricci biondi, Melanie regge il timone. Danese, ha fatto la scuola navale e navigato per oltre un anno un anno con la loro versione del Vespucci. “Ma la nostra è la più bella del mondo”, le dico scherzando. “Italians, such proud people!” ribatte ridendo. C’è anche chi, nata in Groenlandia, disegna sul suo taccuino. Dovrei chiederle che ne pensa di Trump e di tutto quello che sta accadendo, penso. Ma perché rovinare un momento del genere, lo farò nei prossimi giorni. Se mi andrà.

Già, se mi andrà. Perché in questo momento, su questa nave, lo sporco mondo infestato di guerre, di omuncoli platinati e miliardari narcotizzati che credono di poter acquistare anche il sistema solare, sembra proprio lontano. Voglio credere che sia così, almeno per oggi.

La scelta musicale è più che azzeccata. I Dire Straits risuonano dalla cassa poggiata di fianco alla bussola. “so far away from me, so far I just can’t see”. È tutto perfetto, diamine.

Enrico Peschiera

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Enrico Peschiera
Genovese e genoano, ho studiato Relazioni Internazionali e oggi mi occupo di comunicazione aziendale. Scrivo qui perché l'Artico è una frontiera di profondi cambiamenti che meritano di essere raccontati.

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