CinaRussiaTrasporto

Da Suez all’Artico, la nuova geografia del commercio globale

La Northern Sea Route entra nel dibattito mondiale come alternativa concreta al Canale di Suez. Tra promesse di efficienza e rischi ambientali, il futuro delle rotte marittime si gioca sempre più vicino ai ghiacci

Un cambio di paradigma?

Per decenni, parlare di rotte marittime ha significato parlare del Canale di Suez, del Canale di Panama, dello Stretto di Malacca. Infrastrutture strategiche considerate insostituibili, veri e propri chokepoints vitali del commercio globale. Negli ultimi mesi però, una nuova area geografica ha fatto parlare di sé nel risiko delle grandi flotte commerciali: la rotta artica. Da uno dei principali produttori di merci del mondo, la Cina e nel complesso l’Estremo Oriente, far arrivare le merci a uno dei principali mercati di consumo del mondo, l’Europa, passando non più da sud, dunque dall’Oceano Indiano, bensì da nord, al di sopra del circolo polare artico.

suez artico
Il canale di Suez

La Northern Sea Route (NSR), rotta che costeggia l’Artico russo, promette di accorciare drasticamente i collegamenti tra Asia ed Europa, portando enormi vantaggi economici.

Da anni, osservatori e studiosi segnalano come lo scioglimento dei ghiacci artici stria aprendo spazi prima impensabili alla navigazione commerciale. Fino a poco tempo fa, la prospettiva di una rotta artica era relegata a scenari futuristici, spesso confinati ai report tecnici o alle previsioni climatiche. Oggi, invece, il tema entra con forza nel dibattito pubblico e politico, con toni che vanno dall’entusiasmo economico alla preoccupazione ambientale.

Dalla marginalità alla centralità mediatica

Questa crescente attenzione si riflette anche in ambito accademico. Un recente studio pubblicato da Nouman, Siddique e Begum (2025) non si limita a descrivere le conseguenze climatiche sul trasporto marittimo, ma compie un passo in più: mette a confronto diretto la NSR con il Canale di Suez, trattando quest’ultimo non più come un’istituzione intoccabile, ma come una rotta che deve competere con alternative emergenti.

È questo parallelismo a colpire: ciò che fino a ieri appariva come un’utopia è oggi presentato come un’alternativa valutabile con strumenti di analisi costi-benefici. Mentre gli articoli di pochi anni fa sottolineavano soprattutto le difficoltà logistiche e ambientali dell’Artico, oggi il focus è sulla possibilità concreta che queste rotte sottraggano progressivamente traffico a Suez.

Il discorso pubblico e accademico, dunque, si sta spostando, non più soltanto la constatazione di una vulnerabilità (le siccità a Panama, le alluvioni in Sudafrica, i blocchi a Suez), ma la costruzione di un’alternativa. In questo senso, il recente paper non introduce tanto dati inediti, quanto un nuovo modo di metterli in relazione: non più “Suez e il resto”, ma “Suez o l’Artico”.

Opportunità, rischi e il nodo ambientale

La retorica della “grande occasione” convive però con un discorso parallelo, meno ottimistico, che richiama i rischi di un’intensificazione del traffico in un ecosistema fragile. Qui si inserisce un punto che merita di essere sottolineato anche da una prospettiva scientifica: la navigazione artica non è assolutamente neutra dal punto di vista ambientale.

Ogni incremento di traffico marittimo comporta rischi di inquinamento acustico, di sversamenti di idrocarburi, di collisioni con fauna marina. A ciò si aggiungono le emissioni di black carbon, particolarmente dannose in regioni ghiacciate perché accelerano lo scioglimento della superficie innevata e diminuiscono l’effetto albedo, ovvero la capacità di riflettere la luce solare. A causa dell’amplificazione artica, così viene chiamato questo fenomeno per cui la temperatura superficiale aumenta a un ritmo molto più elevato rispetto alla media globale (3-4 volte superiore alla media), la regione si scalda più rapidamente, riducendo progressivamente la copertura di ghiaccio estivo.

suez artico mappa
Estensione del ghiaccio marino artico al massimo annuale nel febbraio 2025 e febbraio 2024. Mappa: Arctic Portal

Negli ultimi 45 anni, la sua estensione nel mese di settembre è diminuita di oltre il 40%. Le rotte che il cambiamento climatico rende possibili rischiano quindi a loro volta di aggravare quel medesimo cambiamento, un meccanismo chiamato feedback positivo. La riduzione della superficie di ghiaccio marino nell’Artico causa una diminuzione dell’albedo della regione e quindi un aumento dell’assorbimento di calore da parte dell’oceano, che a sua volta causa un ulteriore scioglimento del ghiaccio marino, questo meccanismo si ripete più volta e amplifica il cambiamento iniziale.

La letteratura scientifica, pur riconoscendo i benefici economici, insiste su questa contraddizione: l’Artico diventa navigabile proprio grazie al riscaldamento globale, ma un suo sfruttamento intensivo può accelerare ulteriormente i processi in corso.

Il confronto con Suez come cambio di paradigma

Ciò che rende significativo il lavoro accademico citato non è soltanto la raccolta dei dati su costi, tempi di percorrenza o rischi assicurativi. È soprattutto il fatto che, per la prima volta, si ragiona in termini di concorrenza tra la rotta artica e quella di Suez. Non si tratta più di un’aggiunta marginale, ma di un vero e proprio scenario alternativo, che potrebbe ridisegnare gli equilibri del commercio globale.

Il Canale di Suez, con i suoi 150 anni di storia e il suo ruolo di snodo per il 12% del commercio mondiale, è sempre stato percepito come un’infrastruttura “indispensabile”. L’analisi comparata suggerisce invece che la sua centralità possa essere erosa da fattori esterni: non solo instabilità politica e rischi climatici locali, ma anche l’emergere di nuove possibilità altrove.

Al di là delle cifre e delle proiezioni, il vero dato interessante di queste settimane è il linguaggio. L’Artico, da periferia inaccessibile, è entrato nel vocabolario quotidiano della logistica globale. Ciò che fino a ieri sembrava una prospettiva remota oggi è trattato come uno scenario realistico da valutare in termini economici e strategici.

Se i media e altri articoli accademici inizieranno a parlare della NSR come di una concreta alternativa a Suez, la percezione collettiva del commercio marittimo cambierà di conseguenza. Ed è proprio la percezione, più ancora che i dati tecnici, a orientare molto spesso le decisioni politiche, gli investimenti infrastrutturali e le strategie delle compagnie.

Il futuro delle rotte marittime globali, dunque, non si gioca soltanto tra ghiacci che si sciolgono e canali che si allargano, ma anche nelle parole con cui descriviamo queste trasformazioni. È in questa “analisi del discorso” che possiamo cogliere il segnale più chiaro di un cambiamento epocale già in atto.

Pietro Boniciolli

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Pietro Boniciolli
Sono laureato in gestione sostenibile dell’ambiente montano presso l’Università di Bolzano e ho una grandissima passione per le scienze polari. Attualmente lavoro come guida Turistica in una grotta sul Carso Triestino, adoro fare trekking e sport di squadra

Lascia un commento

2 × quattro =

Vuoi rimanere aggiornato sulle novità dell'Artico?

Entra nella più grande community degli appasionati dell'Artico, unisciti a oltre 2500 iscritti

Grazie per esserti iscritto e benvenuto tra noi!