Groenlandia

Il primo “greenwashing” della storia: perché la Groenlandia fu chiamata verde

Erik il Rosso trasformò un’isola di ghiacci in una “terra verde” con un’abile strategia di marketing, convincendo i vichinghi a colonizzare la Groenlandia e dando vita a una delle epopee più affascinanti della storia nordica.

Come Erik il Rosso convinse i vichinghi a colonizzare l’isola a Nord del mondo

La Groenlandia, la grande isola a Nord del mondo, è caratterizzata da una lunga e affascinante storia, a partire dal suo stesso nome. Fu il vichingo Erik il Rosso a battezzare questa terra “Grønland” – terra verde – con una scelta strategica degna delle più riuscite operazioni di marketing. Erik, il primo europeo a colonizzare l’isola, usò il nome per attrarre coloni dall’Islanda verso un territorio misterioso situato a ovest.

Una denominazione curiosa, considerando che l’isola è per l’80% coperta da una spessa calotta di ghiaccio. In questo senso, quella di Erik può essere considerata la prima operazione di “greenwashing” della storia. Oggi il termine si riferisce a pratiche pubblicitarie ingannevoli che dipingono prodotti o aziende come più sostenibili di quanto non siano realmente. Erik, però, promosse  un altro tipo di “inverdimento”, più letterale ma forse meno mistificante. Ma andiamo con ordine.

Il nome indigeno della Groenlandia: Kalaallit Nunaat

Gli attuali abitanti della Groenlandia designano la propria terra con Kalaallit Nunaat, nome che in lingua inuit significa “terra dei Kalaallit”. Il termine Kalaallit, un tempo riferito esclusivamente agli Inuit stanziati nella parte occidentale dell’isola, oggi identifica l’intera popolazione groenlandese. Tuttavia, a livello globale, l’isola è conosciuta con il nome di Groenlandia, eredità della colonizzazione vichinga che per secoli si concentrò lungo le sue coste meridionali. Non molti sanno, infatti, che, durante il Medioevo, quando in Europa si parlava di “Groenlandesi”, ci si riferiva in realtà proprio alle popolazioni vichinghe che avevano colonizzato quelle regioni. Fu in quel periodo che il nome Groenlandia si consolidò, rimanendo indissolubilmente legato a questa terra remota fino ai giorni nostri.

Erik il Rosso e lesilio dallIslanda

Secondo le saghe islandesi – opere medievali che rappresentano la principale fonte sulla sua vita – Erik il Rosso nacque in Norvegia, ma emigrò in Islanda con la famiglia dopo l’esilio del padre. Tuttavia, in seguito a faide e omicidi che lo coinvolsero direttamente, Erik fu costretto a lasciare anche l’Islanda. Esiliato per tre anni, decise di dirigersi verso una terra di cui aveva sentito parlare da un suo parente, un luogo sconosciuto e lontano collocato a ovest: per quanto infatti la Groenlandia sia comunemente associata all’estremo nord, le sue coste meridionali si trovano a ovest rispetto all’Islanda.

Fu così che Erik, nel 982, salpò con la sua famiglia e alcuni animali, raggiungendo la punta meridionale della Groenlandia e insediandosi poi nelle attuali zone di Narsaq e Qassiarsuk. Esplorò il territorio per tre anni, per poi tornare in Islanda con l’intento di reclutare nuovi coloni. La sua promessa? Una terra fertile e accogliente, perfetta per l’allevamento e l’agricoltura, in grado di risolvere i problemi di sovrappopolazione e scarsità di risorse che affliggevano gli Islandesi in quel periodo.

Le terre verdi di Qassiarsuk (ottobre 2021, foto dell’autore)

Tingere di verde lisola dei ghiacci

Erik chiamò l’isola “Groenlandia” per evocare prosperità e abbondanza. Secondo le saghe, l’esploratore vichingo sapeva che “gli uomini avrebbero desiderato molto di più andarvi se la terra avesse avuto un buon nome”. La strategia funzionò: 25 navi e circa 400 persone lo seguirono verso questa “terra verde”.

Va detto, però, che l’operazione di Erik non fu del tutto ingannevole. Sebbene gran parte della Groenlandia fosse ricoperta di ghiaccio, le regioni meridionali offrivano pascoli verdi e un clima relativamente mite. Questo era particolarmente vero durante l’optimum climatico medievale, un periodo tra il X e il XIII secolo in cui le temperature nell’Atlantico settentrionale erano più alte rispetto ad altre epoche e di cui i Vichinghi groenlandesi ebbero la fortuna di godere a pieno. Le colonie vichinghe prosperarono per circa quattro secoli, sfruttando le terre fertili per l’allevamento di bestiame. Tuttavia, il sopraggiungere di un nuovo raffreddamento climatico – conosciuto con il nome di Piccola Era Glaciale – , insieme all’isolamento geografico e ad altre difficoltà, portò al declino della popolazione vichinga. Gli Inuit, più adatti a quelle condizioni, continuarono invece a prosperare.

Mappa della regione settentrionale (incluse alcune isole fantastiche) di Abraham Ortelius, ca. 1573.

Un mix di marketing e realtà

La storia della colonizzazione vichinga in Groenlandia mostra come un nome possa influenzare la percezione di una terra e ispirare intere generazioni. Erik il Rosso riuscì a confondere astuzia e verità: la Groenlandia non era completamente verde, ma le sue coste meridionali offrivano pascoli rigogliosi che rendevano il nome almeno parzialmente veritiero.

Questa narrazione influenzò l’immaginario collettivo e spinse alla colonizzazione di un’isola che, senza quell’immagine evocativa, sarebbe certamente apparsa meno seducente. La Groenlandia divenne in pochi anni il punto di partenza per nuove storiche esplorazioni. Tra queste, quella di Leif Erikson, il figlio di Erik, che a sua volta raggiunse una terra ancora più a ovest. Era l’America, circa cinquecento anni prima di Colombo. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Enrico Gianoli

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Enrico Gianoli

Laureato in Filosofia e in Antropologia Culturale, ha svolto ricerca in Groenlandia, dove attualmente lavora come guida escursionistica. Nel 2024 ha preso parte alla spedizione Inuit Windsled. I suoi principali interessi riguardano le tematiche ambientali e i diritti delle popolazioni indigene, con un focus particolare sulla cultura inuit.

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