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Il Regno di Danimarca alla guida del Consiglio Artico

Dal 2025 al 2027 Danimarca, Groenlandia e Faroe guideranno il Consiglio Artico in un contesto segnato da crisi geopolitiche, sfide climatiche e nuove ambizioni globali.

Una presidenza dal forte valore politico

Dal 2025 al 2027 il Regno di Danimarca assumerà la presidenza del Consiglio Artico. Non è una novità assoluta – era già accaduto in passato – ma questa volta il contesto internazionale assegna un peso inedito alla leadership danese. L’annuncio è arrivato in un momento in cui l’Artico è sempre meno una periferia glaciale e sempre più un crocevia di interessi strategici: dal cambiamento climatico alle nuove rotte marittime, dalle risorse naturali alla sicurezza internazionale.

Copenaghen ha voluto chiarire fin da subito l’orientamento della sua presidenza: mantenere il Consiglio come un foro vitale e resiliente, innanzitutto al servizio delle popolazioni indigene e degli abitanti dell’Artico, e più in generale come strumento di stabilità e cooperazione costruttiva. In un’epoca in cui la politica internazionale tende alla polarizzazione, l’obiettivo è riaffermare il Consiglio Artico come spazio inclusivo e non conflittuale.

Il Regno tripartito come simbolo di coesione

Un elemento distintivo della presidenza danese è la sua natura “tripartita”: non solo la Danimarca, ma anche la Groenlandia e le Isole Faroe saranno parte attiva della guida politica. È un dato istituzionale, ma anche un messaggio simbolico.

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La Groenlandia, con la sua vastità geografica e le sue risorse, rappresenta una delle aree più sensibili e discusse dell’intero scacchiere artico, mentre le Isole Faroe portano con sé un patrimonio di saperi legati al mare e alla pesca che si traduce in competenze specifiche sulla gestione degli oceani. Questa presidenza “allargata” non è dunque solo un esercizio di stile, ma un modo per mostrare un Regno coeso e rispettoso delle autonomie interne, capace di parlare a nome di comunità che vivono quotidianamente le sfide dell’Artico.

Cinque priorità per un futuro sostenibile

Il programma di presidenza, in linea con il Piano Strategico del Consiglio 2021–2030, mette al centro cinque grandi priorità che delineano una visione di sviluppo equilibrato.

La prima riguarda le popolazioni indigene e le comunità locali: non solo consultate, ma pienamente coinvolte nei processi decisionali. La conoscenza tradizionale viene riconosciuta come risorsa essenziale, da integrare con la scienza per gestire le trasformazioni in corso.

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Fonte: Flickr/ArcticCouncil

La seconda priorità è lo sviluppo sostenibile, con un’attenzione particolare alla transizione energetica. La presidenza intende promuovere iniziative che vadano dalle attività tradizionali – pesca, agricoltura, artigianato – alle nuove opportunità legate a turismo e innovazione tecnologica, sempre guidate da un principio: lo sviluppo deve partire dalle comunità artiche, non essere calato dall’alto.

Il terzo pilastro riguarda gli oceani, cuore fisico ed economico della regione. Copenaghen ha già annunciato una conferenza internazionale dedicata, con focus su biodiversità, inquinamento e governance sostenibile delle risorse marine.

Il quarto punto è il clima: nell’Artico il riscaldamento corre tre volte più veloce che nel resto del mondo, con impatti immediati sulla vita quotidiana delle popolazioni. Monitoraggio, ricerca e cooperazione scientifica saranno quindi elementi centrali, in stretto raccordo con i negoziati globali sul clima.

Infine, la biodiversità: la presidenza guiderà l’elaborazione e l’attuazione di un nuovo piano d’azione 2025–2035, in linea con gli obiettivi internazionali ma declinato sulle specificità artiche.

L’Artico, nuova arena della competizione globale

L’agenda danese non può prescindere dal contesto geopolitico. Gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza militare e scientifica nella regione, la Cina si autodefinisce “quasi-stato artico” e investe in infrastrutture e ricerca, mentre l’Unione Europea cerca di consolidare il proprio ruolo come attore regolatore e tecnologico.

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Sul fronte opposto, la Russia, potenza storica e inevitabile dell’Artico, oggi rimane isolata, tagliata fuori dalla cooperazione internazionale. Il Consiglio Artico, che riunisce otto Paesi membri, si ritrova di fatto con sette Stati occidentali operativi e una Mosca ai margini. È una frattura che rischia di compromettere lo spirito originario di cooperazione.

Per la Danimarca, membro UE e parte della NATO, si tratta di un equilibrio complesso: da un lato sostenere le priorità degli alleati occidentali, dall’altro preservare la natura non militare del Consiglio e impedire che diventi una semplice estensione della rivalità globale.

La sfida diplomatica di Copenaghen

La vera prova sarà dunque diplomatica. Il Consiglio Artico è nato per affrontare insieme sfide concrete – ambiente, ricerca, sviluppo – ed evitare che l’Artico diventasse terreno di conflitti. La presidenza danese intende riaffermare questa vocazione, puntando su inclusività, cooperazione tra gruppi di lavoro e centralità delle comunità locali.

Ciò significa anche coinvolgere in modo costruttivo gli osservatori, tra cui Unione Europea, Cina, India e Giappone, valorizzando la dimensione scientifica e tecnica piuttosto che quella geopolitica. Un obiettivo ambizioso, in tempi in cui la tentazione di piegare ogni organismo internazionale alla logica dello scontro è forte.

Un test cruciale per il multilateralismo

La presidenza danese del Consiglio Artico sarà un banco di prova per il multilateralismo. Se riuscirà a rafforzare il ruolo delle popolazioni indigene, a coniugare crescita economica e tutela ambientale e soprattutto a mantenere il Consiglio come luogo di cooperazione, avrà compiuto un passo decisivo non solo per il futuro dell’Artico, ma per la stessa credibilità della governance internazionale.

Il Regno tripartito di Danimarca, Groenlandia e Faroe si trova così davanti a un’opportunità storica: dimostrare che, anche nell’epoca della competizione globale, l’Artico può restare una regione di stabilità, dialogo e soluzioni condivise.

Isabella Basile

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Isabella Basile
the authorIsabella Basile
Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Genova, sto proseguendo i miei studi con una magistrale in Security and International Relations. La mia tesi triennale era incentrata sulla “Corsa all’Artico”, un tema che continua ad affascinarmi e coinvolgermi profondamente.

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