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Una nuova prospettiva per l’Artico

© Osservatorio Artico

Un workshop di confronto organizzato dall’Istituto Affari Internazionali è l’occasione per fare il punto sulla situazione diplomatica nell’Artico, tra aumenti di spesa militare e necessità di cooperazione scientifica.

Appuntamento allo IAI

Dobbiamo guardare all’Artico prima che la questione ci travolga. Il primo punto sull’agenda è il cambiamento climatico, con i milioni metri cubi di ghiaccio che si riversano negli oceani ogni anno, a un ritmo sempre maggiore. Ma non possiamo non considerare il cambiamento anche sulla parte militare e diplomatica, rischiamo di farci trovare impreparati”, dice uno dei partecipanti dell’incontro a porte chiuse promosso dallo IAI (Istituto Affari Internazionali) sulle prospettive italiane nell’Artico. Evento a cui hanno partecipato oggi a Roma, nella sede di via dei Montecatini, diversi diplomatici esteri e rappresentanti istituzionali italiani.

Gli ultimi sei mesi hanno shackerato la regione. Le dichiarazioni della nuova amministrazione statunitense sul “possesso” della Groenlandia, l’aumento dell’incertezza internazionale, gli attacchi alle basi russe da parte ucraina, anche oltre il Circolo Polare Artico. Ma anche le nuove elezioni politiche in Groenlandia, il passaggio di testimone alla guida dell’Arctic Council e i piani di riarmo delle nazioni nordiche. Un passaggio epocale per una porzione di mondo che è rimasta oltre i confini degli interessi geostrategici per secoli, che oggi si trova in prima pagina anche alle più calde latitudini.

E se il cosiddetto “Eccezionalismo Artico” (ovvero la capacità di essere un luogo di pace e cooperazione anche scientifica ed economica) pare aver perso la sua postura di esempio, non è detto che la diplomazia abbia esaurito le sue capacità. “Anzi, è fondamentale strutturare un dialogo profondo e costante. Il fatto che Svezia e Finlandia siano entrate nella NATO, e che oggi i Paesi Nordici guidino, de facto, una sicurezza europea corposa e rinvigorita, può favorire anche un nuovo dialogo con la Russia”, proseguono le fonti interessate.

Mosca, Pechino, Washington. E Bruxelles?

Russia, Stati Uniti e Cina mostrano tutta la loro forza potenziale, nella regione artica. Se la stabilità delle nuove rotte commerciali di Nord-Est (Northern Sea Route) potrebbe avere ancora molti anni prima di verificarsi, è altrettanto vero che la volontà di Washington di tutelarsi per tempo è chiara. Non soltanto per le scomposte dichiarazioni di Donald Trump, che hanno mosso le cancellerie europee per stabilire nuovi recinti intorno ai possedimenti artici, ma anche per ciò che passa sottotraccia.

mar glaciale artico
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L’acquisto dei cantieri navali di Helsinki da parte dell’azienda canadese Davie non rimane certamente solo un’opzione economica e industriale in più per Ottawa, ma ha facilitato l’accordo ICE Pact tra il Canada, gli Stati Uniti e la Finlandia. Il patto, stabilito nell’ottobre 2024, prevede infatti la costruzione di una flotta di rompighiaccio per contrastare l’influenza cinese e soprattutto russa nella regione. Con la Russia già in possesso della più grande flotta di rompighiaccio al mondo, molte delle quali nucleari, alcuni tra i Paesi artici della NATO si stanno lentamente attrezzando per tentare di recuperare una posizione di vantaggio.

“Eppure l’Unione Europea vanta diversi Paesi membri nell’area artica. Se la Danimarca è addirittura una degli “Arctic Five” (Ovvero uno dei cinque Paesi costieri, i veri padroni di casa sul tema delle aree marine, ndr) grazie al controllo dell’isola di Groenlandia, Finlandia e Svezia sono nazioni artiche a tutti gli effetti. Sarebbe il momento anche per Bruxelles per farsi promotrice di un cambio di rotta nella regione, senza puntare esclusivamente su una posizione di protezione ambientale”.

La posizione dell’Italia

L’Italia, che è membro osservatore dell’Arctic Council dal 2013, possiede già una sua strategia per l’Artico. Il documento vedrà a breve una profonda revisione, necessaria alla luce dei nuovi tempi e dei cambiamenti politici in atto. Ma l’impianto di base non può essere stravolto. “Anche perché la nostra presenza nella regione può legarsi alla diplomazia, alla ricerca tecnologica e al supporto dei partner. Detto questo, va anche ricordato che sono molte le possibilità per le aziende italiane per mostrare nella regione le proprie competenze”. La visita del ministro Adolfo Urso in Norvegia, lo scorso maggio, va esattamente in questa direzione.

Delle risorse minerarie, a terra e sotto il livello del mare, si parla ormai con facilità. Ma le difficoltà di estrazione, dovute prevalentemente alle proibitive condizioni meteorologiche e geografiche, sono anche un limite perentorio allo sfruttamento indiscriminato delle risorse. E allora, qual é l’oro dell’Artico? “I fattori sono molteplici”, concordano i diversi diplomatici presenti. “Più che un solo scenario, va considerato che c’è una regione enorme che si apre al mondo.

isole svalbard
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Quindi puntare solo sulle terre rare sarebbe assurdo. Dobbiamo lavorare oggi, con forte determinazione, per essere preparati ad assistere a un cambiamento potenzialmente epocale nell’area. Turisti e miniere, infrastrutture e cavi sottomarini. C’è molto da fare, ma dobbiamo prima di tutto investire in sicurezza e difesa, oltre che nel coinvolgimento diretto delle popolazioni indigene. Non è un fattore secondario, perché c’è chi prova a inserirsi nei discorsi facendo leva sulle volontà di singole realtà”, chiosa un altro rappresentante. Che continua: “Con i russi dobbiamo tornare a parlare, per forza. Essere più armati non sarà un problema”.

Leonardo Parigi

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Leonardo Parigi
the authorLeonardo Parigi
Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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