EconomiaNorvegiaPoliticaSvezia

Resistenza nel Sápmi: il conflitto tra renne e miniere

L’Europa sta trasformando il proprio sistema energetico ad un ritmo senza precedenti: la transizione verde, tuttavia, richiede sempre più minerali e terre rare, sottintendendo una seconda, più implicita, transizione mineraria. In un clima geopoliticamente teso, la terra dei Sámi è diventata un’area particolarmente interessante per lo sviluppo di nuove miniere, portando ad una resistenza che si estende da Repparfjord a Kiruna. Un reportage di Erin Rizzato Devlin e Hannah Thulé

Natura e gioventù

È una notte di fine estate, ma il sole artico è ancora alto mentre l’accampamento di attivisti conclude la sua giornata a Repparfjord, in Norvegia. Isak Greger Eriksen, membro della più grande organizzazione ambientalista giovanile norvegese, Natur og Ungdom, spiega il motivo per cui gli attivisti stanno bloccando la miniera di Nussir, approvata come progetto strategico a marzo per soddisfare le esigenze energetiche, digitali e difensive dell’UE.

Il diciassettenne guarda verso il fiordo, dove verranno depositati i residui della miniera se la produzione avrà inizio nel 2027: “Come ambientalisti, stiamo contribuendo in molti modi alla transizione verde ma non vogliamo che avvenga a scapito dei diritti umani, delle popolazioni indigene e dell’ambiente.” Il progetto Nussir, infatti, è stato approvato malgrado la forte opposizione di pastori Sámi, ambientalisti e pescatori nella zona.

Poiché la possibilità di una carenza globale di rame è prevista entro un decennio, il progetto Nussir presenta un’opportunità per l’UE di stabilire una produzione domestica in collaborazione con la Norvegia e promuovere tecnologie verdi tra cui veicoli elettrici, pannelli solari e turbine eoliche, riducendo la dipendenza da catene di fornitura estere. In un’area via via in declino, le autorità norvegesi e la compagnia mineraria sostengono che il progetto offrirà nuove opportunità ai giovani – ma sono molti coloro che mettono in dubbio queste previsioni.

Tra i pastori di renne Sámi, sta crescendo il timore che questi progetti possano minacciare l’ambiente, il loro sostentamento e le loro tradizioni. “Se perdiamo le aree di parto, perdiamo la futura generazione di vitelli e la base stessa dell’allevamento di renne. Non è qualcosa che possiamo semplicemente contrattare,” afferma Nils Utsi, rappresentante del distretto di allevatori di renne Fettja. “Sarebbe quasi come negoziare con la vita – e non è possibile discutere seriamente della propria morte.”

Da Repparfjord a Kiruna

Circa 300 km a sud-ovest, nella città mineraria di Kiruna, in Svezia, simili preoccupazioni vengono sollevate dalla popolazione locale in merito al progetto Per Geijer, sviluppato dalla società statale LKAB. La miniera verrà sviluppata come progetto strategico per contribuire al 18% dell’approvvigionamento di terre rare dell’UE. Una di queste terre rare è il neodimio, un componente cruciale per i veicoli elettrici.

Tuttavia, le attività minerarie a Kiruna stanno causando deformazioni e cedimenti del terreno, portando ad un graduale trasferimento dell’intera città ed i suoi abitanti. Dopo il trasferimento della chiesa di Kiruna, celebrato in un’atmosfera di festa, un ulteriore spostamento di persone ed edifici è stato comunicato qualche giorno a seguire.

Lars-Marcus Kuhmunen, rappresentante del distretto Gabna, spiega che se il progetto verrà realizzato, il distretto sarà tagliato a metà, rendendo inaccessibili i percorsi di migrazione tra i pascoli. “Non c’è più nulla di sacro ormai. Questo è solo un altro segno di quanto gli abitanti di Kiruna si sacrificano per il benessere e la prosperità della Svezia. Soprattutto noi Sámi,” afferma il pastore.

Squilibri di potere

Nonostante l’accordo di cooperazione firmato tra LKAB ed il distretto Gabna, Kuhmunen mette in evidenza uno squilibrio di potere tra l’azienda e gli allevatori di renne: “L’accordo non ci dà voce in capitolo. I nostri problemi non vengono considerati ed il compenso non è sufficiente a coprire sia la partecipazione che il lavoro preparatorio per tutte queste riunioni, che servono solo agli interessi di LKAB.”

Meccanismi di questo tipo sono diventati una prassi comune tra le aziende e questi distretti Sámi. Tuttavia, questi prevedono un accordo di non divulgazione che rende difficile per Kuhmunen discutere apertamente delle difficoltà che derivano dal progetto.

proteste sapmi edman miniere
Brittis Edman, ricercatrice presso l’Istituto Svedese per i Diritti Umani. Foto: Charlotte Carlberg Bärg

Come spiega Brittis Edman, ricercatrice presso l’Istituto Svedese per i Diritti Umani (Institutet för Mänskliga Rättigheter), questa nuova industrializzazione sotto il pretesto della transizione verde ha creato ulteriori pressioni sulle comunità. In Svezia, ad esempio, la tutela dell’allevamento delle renne è trattata come un interesse pubblico, piuttosto che un diritto umano secondo la legge internazionale, spesso subordinando questa pratica ad interessi economici.

La sicurezza europea passa per i territori indigeni

La resistenza contro questi progetti minerari preoccupa Bård Bergfald, un vecchio ambientalista norvegese, ora specialista della società mineraria Grangex. Pur sottolineando che la maggior parte dei progetti minerari in Norvegia non genera conflitti, lo specialista ritiene che la resistenza di alcuni Sámi e ambientalisti rischia di ostacolare questioni molto più importanti.

“Siamo nel mezzo di una crisi climatica e di una crisi difensiva. Il dibattito oggi è troppo incentrato sulle prospettive indigene. Tutte le parti interessate devono essere rispettate, ma nessuno può avere il monopolio delle decisioni in una democrazia,” afferma Bergfald.

“La transizione energetica rappresenta una trasformazione da un’economia fondata sui combustibili fossili a un’economia fondata sui metalli. Le miniere possono essere sviluppate solo dove si trovano questi minerali: e sono poche le risorse di rame in Norvegia che non si trovano sui territori dei Sámi,” aggiunge.

Il prezzo della dipendenza

L’Unione Europea è sempre più consapevole della sua dipendenza dai combustibili fossili e dal gas importati dalla Russia, nonché dai minerali critici provenienti dalla Cina. Queste vulnerabilità sono state aggravate negli ultimi anni dall’invasione dell’Ucraina e dalle restrizioni Cinesi sull’esportazione di terre rare. Tuttavia, nonostante i tentativi di ridurre queste dipendenze, le importazioni di gas dalla Russia sono aumentate del 18% lo scorso anno, e si prevede che la produzione cinese di terre rare rimarrà al 52% fino al 2035.

proteste sapmi kiruna
Il trasferimento della chiesa di Kiruna. Foto: Eden Maclachlan

Con l’obiettivo di promuovere la sicurezza ed indipendenza del mercato europeo, l’UE sta cercando di diversificare le catene di approvvigionamento ed incrementare la produzione interna con il Critical Raw Materials Act (CRMA). Ciò implica un aumento di miniere, impianti di lavorazione e di riciclaggio sul territorio europeo per raggiungere gli obiettivi del 10% di estrazione, 40% di lavorazione e 25% di riciclaggio di minerali strategici entro il 2030.

“A causa della situazione geopolitica, tutte le linee di approvvigionamento si stanno restringendo e potremmo perdere rapidamente l’accesso a risorse rare, con gravi conseguenze per la capacità industriale europea e la modernizzazione energetica del continente,” aggiunge Bergfald. Sebbene l’UE miri a disaccoppiare la sua transizione dalla produzione estera di minerali, ciò rimane un obiettivo difficile.

Una transizione difficile

I conflitti da Repparfjord a Kiruna fanno parte di una storia molto più lunga, spiega Kaisa Syrjänen Schaal, avvocato e direttrice della Commissione per la Verità sui Sami (Sanningskommissionen), un organismo incaricato dal governo Svedese di documentare l’oppressione del popolo Sámi. E poiché i pascoli e le rotte migratorie rimanenti devono cedere il passo a nuovi progetti industriali, un senso di disperazione cresce nelle comunità locali.

“La Svezia è stata criticata dalle Nazioni Unite per il modo in cui i diritti indigeni non vengono rispettati a sufficienza. I Sámi non possono semplicemente portare le loro renne altrove,” aggiunge. L’attività mineraria, tuttavia, non è il solo problema per queste comunità, dove il cambiamento climatico e altri interessi industriali minacciano i loro mezzi di sussistenza.

“Ci sono così tanti fattori che incidono sulle possibilità di pascolo: la silvicoltura, l’estrazione mineraria, gli impianti eolici, l’energia idroelettrica… Questi progetti hanno bisogno di terreno, e le opzioni per le comunità Sámi stanno diminuendo sempre più.”

Il distretto Gabna sostiene che Per Geijer imporrà violazioni dei diritti umani dei pastori locali, dal momento che non ci sarà il tempo per una valutazione adeguata a causa del ‘fast-tracking’ di questi progetti, approvati a velocità sempre maggiori.

Battaglia in tribunale

Come i pastori di renne norvegesi, Kuhmunen spera di fermare, o almeno rallentare, il progetto minerario a Kiruna ricorrendo al sistema giudiziario. Il distretto Gabna, infatti, sta valutando la possibilità di presentare una richiesta di revisione interna alla Commissione Europea sul processo di selezione di questi progetti strategici e sul loro allineamento con il diritto internazionale.

proteste sapmi kuhmunen miniere
Lars-Marcus Kuhmunen

Anche a Repparfjord, il rifiuto totale di Utsi di accettare la miniera e la sfiducia nelle autorità rappresentano un problema più ampio che i governi nordici devono affrontare nel loro tentativo di diventare i principali fornitori europei di materiali critici. “Abbiamo presentato reclami al comune, ma se nessuno ascolta le nostre richieste, non ci resta che cercare di fermare Nussir in tribunale,” afferma.

Due casi recenti hanno riacceso la speranza per gli allevatori di renne coinvolti in questi conflitti. Nel 2020, la Corte Suprema svedese ha concesso al distretto di Girjas, nel Norrbotten, il controllo esclusivo sui diritti di caccia e pesca nell’area. In precedenza, questi diritti erano sotto il controllo statale. Ora, altri quattro villaggi Sámi stanno facendo causa al governo.

Poco dopo, nel 2021, la Corte Suprema norvegese ha stabilito che due parchi eolici costruiti sulla penisola di Fosen, nel Trøndelag, violavano i diritti dei pastori indigeni secondo il diritto internazionale, creando un importante precedente legale. Alla fine è stato raggiunto un accordo: i due distretti interessati riceveranno un risarcimento di 700.000 euro all’anno per oltre 25 anni, con la concessione di ulteriori diritti territoriali e di veto sulle future attività.

Fast-tracking: i costi nascosti

Mentre si intensificano queste tensioni geopolitiche e locali, la velocità dei progetti strategici dell’UE è messa in discussione da molti studiosi. Secondo la ricercatrice Annette Löf dello Stockholm Environment Institute (SEI), il ‘fast-tracking’ di questi progetti sta accelerando il rilascio dei permessi minerari, e le popolazioni locali rischiano di avere meno voce in capitolo e tempo di opporsi.

“Queste decisioni, come i processi democratici in sé, richiedono tempo. Non c’è scampo,” afferma Löf. Nonostante il Parlamento Europeo abbia inizialmente spinto per includere nel CRMA il diritto al consenso informato per le popolazioni indigene, la Svezia ed altri paesi si sono opposti.

La selezione di questi progetti strategici infatti è stata criticata per la sua mancanza di trasparenza. Lo scorso luglio, diversi membri del Parlamento Europeo hanno criticato il fatto che la Commissione Europea abbia tenuto segreti i documenti a sostegno di questi progetti strategici, mettendo in questione la responsabilità di queste decisioni.

Queste accuse sono aggravate dal fatto che l’accesso alle proposte dei progetti è stato negato non solo a parlamentari europei, ma anche a ricercatori, giornalisti e alle stesse comunità interessate, afferma Löf. Anche i pastori di Gabna sostengono di non aver avuto accesso a questi documenti.

Le comunità indigene vanno ascoltate

“Abbiamo bisogno di questi minerali per la transizione verde, ma la vera domanda è in che misura e a che costo – e non mi sembra che questo dibattito venga affrontato,” afferma l’esperta. Löf sostiene che l’inclusione democratica delle comunità indigene diventerà sempre più importante per superare questi conflitti apparentemente insormontabili, e garantire il successo di qualsiasi futuro progetto nei paesi nordici.

“Il CRMA riconosce numerose tensioni geopolitiche, ma non tratta di questi conflitti interni, come l’opposizione locale alle attività minerarie in molte regioni europee, come “veri” conflitti che devono essere affrontati in modo analogo: questi sono visti solo come problemi tecnici.” Queste dinamiche potrebbero potenzialmente portare a ulteriori tensioni e conflitti amplificati su larga scala, ritiene Löf.

bandiera sami miniere
Bandiera Sámi a Repparfjord. Foto: Hannah Thulé

Con l’intensificarsi delle attività della NATO nell’Europa settentrionale e al confine con la Russia, particolarmente dopo la recente approvazione di una nuova base aerea a Bodø, in Norvegia, le tensioni dovute alla militarizzazione dell’Artico e al rispetto dei diritti dei Sámi nella regione vanno crescendo.

Dato il più ampio contesto geopolitico e la possibile violazione dei diritti umani di queste comunità, gli interessi dei Sámi in Norvegia e Svezia non possono venire esclusi da alcun dibattito sulla sicurezza energetica dell’UE, conclude Löf.

Accelerare i ritmi della transizione verde può sembrare una soluzione, ma ciò rischia di rallentare ulteriormente questo cambiamento. Mentre i pastori di renne oppongono resistenza e si rivolgono ai tribunali, ispirati dai casi storici di Fosen e Girjas, ogni atto di protesta mette in questione i principi della sicurezza energetica europea, che a sua volta minaccia l’esistenza stessa della cultura dei Sámi.

Erin Rizzato Devlin

Hannah Thulé

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Questa inchiesta è stata condotta con il supporto di Journalismfund Europe.

logo journalismfund
Erin Rizzato Devlin
Erin Rizzato Devlin è una giornalista investigativa e ricercatrice con base a Göteborg, in Svezia. È anche co-fondatrice di Equitable Energy Research CIC ed il suo lavoro tratta di energia, sostenibilità e giustizia ambientale.

Lascia un commento

1 × due =

Vuoi rimanere aggiornato sulle novità dell'Artico?

Entra nella più grande community degli appasionati dell'Artico, unisciti a oltre 2500 iscritti

Grazie per esserti iscritto e benvenuto tra noi!