Dal ghiaccio polare alle sponde del Golfo Persico, una lettura delle dinamiche climatiche, strategiche e commerciali che avvicinano due regioni solo in apparenza lontane, oggi sempre più intrecciate negli equilibri globali.
Una distanza solo apparente
L’Artico e il Golfo Persico sembrano due mondi che non potrebbero essere più diversi: uno fatto di ghiacci, comunità indigene e ecosistemi fragilissimi; l’altro segnato da deserti, temperature estreme e metropoli costruite in pochi decenni grazie alla ricchezza energetica. Eppure, al di sotto di queste differenze, emergono elementi comuni che spiegano perché le due regioni siano sempre più al centro dei grandi rivolgimenti geopolitici di questa prima metà del XXI secolo.
Negli ultimi vent’anni, il Golfo si è affermato come uno dei poli di sviluppo più rapidi al mondo, sostenuto dal petrolio e dal gas, che hanno alimentato modernizzazione e peso diplomatico. Come l’Artico, è una regione con caratteristiche geografiche e demografiche uniche, che ne determinano percorsi economici e politici peculiari.

Una delle connessioni più evidenti è la vulnerabilità climatica. Mentre l’Artico affronta il collasso della sua criosfera, il Golfo vive un’escalation di ondate di calore che secondo la World Meteorological Organization potrebbero superare regolarmente i 50°C entro metà secolo. Entrambe le regioni devono confrontarsi con un dilemma simile: preservare cultura e ambiente mentre finanziano il proprio sviluppo attraverso risorse naturali strategiche.
Dal Kippur alla Groenlandia
Il rinnovato interesse strategico degli Stati Uniti per l’Artico è emerso in modo simbolicamente forte quando l’amministrazione Trump propose l’acquisto della Groenlandia. Dietro l’apparente provocazione c’era una valutazione concreta: l’isola è ricca di minerali critici e occupa una posizione chiave tra Nord America ed Europa.
Ma la corsa alle risorse non è una novità di questo secolo, anzi. Il collegamento fra le due regioni nasce già negli anni Settanta, quando la guerra del Kippur nel 1973 e il successivo embargo petrolifero da parte degli Arabi spinsero gli Stati Uniti a esplorare con più decisione il potenziale energetico dell’Artico. L’idea di una “riserva alternativa” segna il primo punto di contatto fra le due aree all’interno della grande equazione della sicurezza energetica globale.
Rotte che cambiano
Il cambiamento climatico ha reso stagionalmente navigabili parti dell’Oceano Artico. La Northern Sea Route lungo la costa russa promette un collegamento più rapido fra Asia ed Europa e viene percepita come una possibile alternativa al Canale di Suez. Ed effettivamente la rotta artica ha visto un’ascesa lenta ma innegabile nel volume dei traffici nell’ultima decade.
La concorrenza con Suez, però, è più teorica che reale: gli scambi globali continuano a dipendere in larga parte dalla rotta mediterranea, che l’Egitto ha ampliato nel 2015 con un investimento superiore a 8 miliardi di dollari.
Va anche detto, tuttavia, che questa trasformazione non ha generato tensioni con i Paesi del Golfo. Anzi, la diversificazione dei corridoi commerciali è vista come un fattore di resilienza, utile a garantire continuità logistica in un sistema globale sempre più vulnerabile a crisi improvvise.
La cooperazione climatica come ponte
Poiché entrambe le regioni sono segnate dall’impatto del riscaldamento globale, la collaborazione scientifica sta diventando un terreno di dialogo naturale. Gli Emirati Arabi Uniti partecipano regolarmente alla Arctic Circle Assembly di Reykjavík, una delle principali piattaforme internazionali dedicate all’Artico.
Nel 2024 è stato inoltre avviato un partenariato fra la Arctic University of Norway (UiT) e la Khalifa University di Abu Dhabi, con l’obiettivo di rafforzare la ricerca congiunta su clima, energia e sicurezza ambientale. La capacità finanziaria del Golfo e l’esperienza artica nell’osservazione climatica creano una convergenza di interessi difficilmente trascurabile.

Uno sguardo verso il futuro
L’Artico e il Golfo quindi, seppur distanti, condividono una posizione simile – o comunque collegata – all’interno della geografia del potere contemporaneo: entrambe le regioni possiedono risorse strategiche, subiscono con forza gli effetti del cambiamento climatico e stanno ridefinendo il proprio ruolo all’interno degli equilibri globali.
La diplomazia scientifica potrebbe diventare il terreno più fertile per una collaborazione più stretta, così come le trasformazioni del commercio mondiale, sempre più dipendente da rotte resilienti e da sistemi energetici diversificati.
L’Artico dovrà definire con maggiore chiarezza i propri interessi geopolitici, mentre il Golfo continuerà a guardare al Nord come a uno spazio di opportunità economiche, scientifiche e diplomatiche. Dai deserti ai ghiacci, le connessioni sono destinate ad aumentare.
Driscole Nenenga
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