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Biden e Harris nella corsa all’Artico

Con l’annuncio dell’elezione a Presidente degli Stati Uniti di Joe Biden, in ticket con la Senatrice della California Kamala Harris, sono tante le possibili considerazioni e speculazioni a livello di politiche e priorità. Tra queste, anche lo sguardo di Biden e Harris nella corsa all’Artico.

La transizione e la tradizione

La transizione presidenziale di Biden si incentra attualmente su 4 temi molto pressanti: l’emergenza COVID-19, il recupero economico, il cambiamento climatico, l’eguaglianza razziale. È evidente quanto questi focus siano necessari e urgenti, talmente tanto da ammettere ed accettare di lasciare in secondo piano per il momento tutto il resto, comprese alcune delle tematiche che qui più ci appassionano – come appunto la regione artica e il campo spaziale.

E però proprio questi due temi – che sono sicuramente secondari all’avvio e al cambio di presidenza – rientrano per così dire dalla finestra, in particolare dalla quella del cambiamento climatico e da quella generale della postura assunta dagli Stati Uniti nel mondo (un portone, più che una finestra).

A scrutinio quasi finito, sembra che la presidenza Biden potrà essere definita da chi vincerà i seggi in palio in Georgia per il Senato. Avere o meno il controllo del Senato per i Democratici avrà un impatto notevole come minimo sui primi due anni di Amministrazione. Senza Senato, Biden è una sorta di “anatra zoppa”, per usare un’espressione cara ai discorsi americani sulla Casa Bianca. 

Un nuovo cambio alla guida

In ogni caso, Biden e Harris hanno messo in chiaro che lavoreranno per unire piuttosto che per dividere e molti prevedono un cabinet con qualche nomina Repubblicana. Ma in ogni caso (bis) la nuova Amministrazione dovrà districarsi tra le critiche della destra così come quelle della sinistra più liberal, e il destino di politiche molto progressiste come il Green New Deal potrebbe patire qualche annacquamento.

In ogni caso (ter), si può facilmente prevedere che gli Stati Uniti cambieranno atteggiamento sul palcoscenico mondiale. E questo è importante per il modo in cui le relazioni saranno intrattenute con Cina e Russia, oltre che con l’Europa e la NATO. Da non sottovalutare infatti l’impatto della nomina ad ambasciatore presso le Nazioni Unite, ad esempio, oltre che degli ambasciatori in stati ed istituzioni chiave. 

“I voted” stickers in English and Spanish, Virginia, USA, November 2014. (Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE) photo.)

L’atteggiamento adottato da Biden avrà dunque echi più o meno forti anche per quanto riguarda la regione artica (Russia e Cina, in ordine) e per lo Spazio (Cina e Russia, in ordine, con la Russia abbastanza distanziata). Ed è qui che il focus sul cambiamento climatico apre ad alcune considerazioni. Biden e Harris riporteranno una grande enfasi sul tema, affrontandolo dal punto di vista scientifico come spesso non si è fatto durante gli ultimi 4 anni, oltreatlantico.

La decisione rimarcata in pienissima campagna elettorale da Biden di rientrare nel Paris Agreement parla da sé. Perciò, la drammatica situazione in artico, “ground zero of climate change”, potrebbe ottenere molta visibilità politica. Insomma, dai tentativi di acquisto della Groenlandia, è probabile che la nuova Amministrazione si concentri invece su sforzi multilaterali per attenuare la crisi climatica nella regione.

Quale visione (reale) per l’ambiente?

Non siamo completamente naif, quindi diciamo subito che ciò non toglie la possibilità di posizioni invece più moderate su sicurezza e questioni energetiche (hello, Alaska). Tuttavia, in campagna elettorale Biden si è detto “completamente” contro le operazioni di drilling nelle riserve artiche, che avevano invece ricevuto il via libera dal Presidente Trump. Ed è evidente insomma che Joe Biden dovrà perfezionare l’arte del compromesso per portare a compimento un piano quantomeno coerente di politiche nei prossimi quattro anni.

Fonte:
Alaska Wilderness League Action

E lo Spazio? Qui la situazione è simile, anzi è quanto mai strumentale alla prima tematica. Biden selezionerà infatti il nuovo Amministratore della NASA (l’attuale Jim Bridenstine potrebbe essere confermato, ma le ultime notizie dicono che è lui stesso a non volere l’incarico sotto una presidenza Democratica).

Si può prevedere che il focus della NASA passerà principalmente sulla Earth Science, un po’ come in Europa dove l’ESA ed il budget pluriennale UE considerano Copernicus un po’ il fiore all’occhiello della politica spaziale europea. Quindi Spazio con focus ambientale e climatico, a rafforzare una rinnovata attenzione a tali tematiche.

Leggermente più incerto il destino dei programmi spaziali lunari, ma non si esclude che prevalga la continuità (a condizione di un Senato quantomeno collaborativo sull’approvazione di budget e policies). E parlando di continuità intendiamo anche questo: se la Cina va sulla Luna, non sarà di certo Biden a rischiare di perdere questa nuova corsa (di certo con meno “stakes” che nel ’69). Si può argomentare che, infatti, climate science non esclude la Luna e viceversa: diversa è l’attenzione data a ciascun tema e l’obiettivo ultimo di ciascuna politica.

Mani tese a tutti (a troppi?)

Insomma, Joe Biden e Kamala Harris hanno sfide enormi davanti a loro. Di certo, qualche focus cambierà. È facile prevedere, ad esempio, che nelle prossime negoziazioni o strategie artiche più considerazione verrà data agli aspetti climatici (ricordiamo che nell’ultima Arctic Strategy della U.S. Air Force la dicitura “climate change” non compare mai). E avere nei satelliti un consolidato strumento per contrastare la crisi climatica può essere la chiave delle future strategie ambientali.

Come abbiamo ricordato, Artico e Spazio risentono anche del generale atteggiamento del Presidente nei confronti di Cina e Russia. Tuttavia, è importante ricordare che alcuni tratti delle politiche artiche e delle politiche spaziali sono (o dovrebbero essere) bipartisan e globali.

E qui Biden, Harris, l’intera Amministrazione e macchina diplomatica statunitense potrebbero muoversi verso più cooperazione e più multilateralismo. Mediare, trovare compromessi in casa e fuori (al Congresso così come a Pechino) che non mettano in secondo piano gli interessi americani e la sicurezza globale è il grande grattacapo del nuovo Presidente-eletto. In ogni caso (quater) pensiamo che un cambio verso una maggiore importanza data alla scienza e un maggiore peso dato ai dati reali e all’interesse al dialogo possa portare innegabili benefici.

Giancarlo La Rocca

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Giancarlo La Rocca

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