Ancora una tappa del viaggio avventura organizzato dal nostro partner FRAMTours a bordo del veliero Linden. Veleggiando alle Svalbard, si incontrano molti animali, fra cui gli iconici trichechi.
La dolce vita dei trichechi
Sveglia presto, il tempo è grigio. Tira anche un po’ di vento e rincaro la dose di strati di pile che ho addosso, perdendo il conto di quanti siano. Abbiamo navigato un po’ durante la notte senza buio e ci siamo fermati di fronte a questa spiaggia di grossi sassi. È un santuario dei trichechi, un luogo dove spesso se ne avvistano tanti. Oggi il nostro obbiettivo è di vederne uno. Anzi, più di uno, visto che i trichechi si muovono in colonie.

Maschi e femmine divisi, colonia maschile e colonia femminile. I simpatici dentoni artici passano la maggior parte del proprio tempo a mangiare, fino a settanta chili di molluschi e crostacei al giorno, una dieta che gli permette di raggiungere la poderosa stazza di tre metri di lunghezza per una tonnellata e mezzo di peso. Colossali, eternamente digerenti, sonnecchiosi, le nostre guide sostengono anche alquanto puzzolenti.
Poi, una volta l’anno, i maschi si dirigono verso la colonia femminile per adempiere al dovere che madre natura ha imposto a ogni animale. Ma per trovare la propria partner, non basta quel phisique du role tondeggiante: bisogna contendersi la femmina a colpi di zanne, ecco spiegati i dentoni che li caratterizzano. Che roba, la natura.
La plastica gira il mondo
Scesi col gommone, ci muoviamo impacciati sui grossi sassi, indossando le tute invernali che mi fanno sentire un omino Michelin. Forse eccessiva, anzi sicuramente, sommata a tutti i miei strati di sotto. La sudata è assicurata, ma vale la pena camminare un po’. Stamattina, però, non siamo fortunati nell’avvistamento. Su questa spiaggia solo qualche uccello, i soliti gabbiani, ma nessuna traccia dei trichechi. In compenso, è pieno di detriti: correnti e maree fanno brutti scherzi, anche se siamo in cima al mondo qua è arrivato di tutto.

Un detersivo dall’etichetta ancora integra, una bottiglia di quella plastica dura che solo gli spensierati anni del boom economico hanno potuto produrre. C’è anche una bottiglia d’acqua di noto marchio italiano, il tappo ancora attaccato. Che tristezza, mi riempio le tasche e con me gli altri, ma serve a sciacquare la coscienza e poco altro. I mari sono sporchi, e il mare è tutto il mondo, nessun luogo escluso.
A testimoniare questa interconnessione che lega l’intero globo, ci sono anche numerosi tronchi d’albero, alcuni davvero imponenti. Ma come, le Svalbard non hanno alberi, la poca vegetazione stenta a sollevarsi oltre il centimetro da terra. E infatti vengono dalla Siberia, portati dalla corrente. Per secoli, gli avventurieri che si spingevano qui a caccia di balene e calde pelli bianche, li utilizzarono per costruirsi le capanne dove scaldarsi.

Issate le vele
Niente trichechi, ma una mattinata che mi ha fatto riflettere. Tornati a bordo del meraviglioso Linden, riprendiamo la navigazione verso sud. Un nuovo squarcio nel cielo, la giornata si trasforma e da quel grigiore anche un po’ inquietante, ma adatto alla spiaggia dei detriti, i colori tornano a esplodere sotto la luce solare.
Il vento ci è favorevole, quindi stop al motore. Issate le vele! I ragazzi della ciurma del Linden sono fantastici, si arrampicano su e giù, senza sicura, a sbrogliare le cime. Via col vento, sembra di stare immobili e invece ci si muove eccome. Il Linden in tutta la sua bellezza, le vele gonfie, il sole a prua. Mi sembra un sogno, e sta durando da qualche giorno ormai. Non svegliatemi, vi prego.

Christian, però, non si dà per vinto. Il tricheco va visto, nella zona ce ne sono parecchi. Scruta la costa con il binocolo, mentre io scatto decine di foto alle cime che ci circondano, mai banali, mai scontate. E d’un tratto, su una spiaggetta poco più in là, ecco spuntare delle macchiette nere. Sono loro!
Vita lenta
Saltiamo sopra il gommone e raggiungiamo la spiaggia tenendoci a debita distanza. Minimo centocinquanta metri, non siamo qui per disturbare i veri abitanti di questi luoghi. Ma è quanto basta per vederli bene, nitidi, in tutta la loro maestosa goffaggine. Eh sì, perché la scena è anche buffa, oltre che meravigliosa. Arrivati dal mare, la testa che spunta e le zanne che affiorano dall’acqua, uno dopo l’altro i trichechi si spiaggiano.

Con una fatica immane, toccando i tre metri all’ora di velocità, strisciano sulla battigia per trovarsi un posto al sole. Poi, tutti ammassati, il meritato riposo. Uno sopra l’altro, dormono beati, qualcuno alza il muso verso di noi, forse incuriosito. Ma non abbastanza da sacrificare il sonnellino, e torna giù, accasciandosi sulla schiena del compare.
Una sterna artica, vicino a noi, sta nidificando. Il compagno svolazza intorno, scende in picchiata in acqua. Il becco aguzzo reca con sé qualche pesciolino, portato in dote alla consorte, a cui lo affida come scambiandosi un bacio in bocca. Riesco anche a fotografare quell’attimo. Riguardandola mi inorgoglisco. Che bella foto. Che bel posto. Che bella nave. Che bellezza, queste Svalbard.

Enrico Peschiera