Nel 2024 Yamal LNG ha battuto ogni record, con l’Europa ancora al centro delle esportazioni russe nonostante sanzioni e tensioni geopolitiche.
Il progetto Yamal LNG
Nel gelo perenne della penisola di Yamal, nell’Artico siberiano, sorge uno dei più ambiziosi progetti energetici della Russia moderna: Yamal LNG. Inaugurato nel 2017, questo impianto di liquefazione di gas naturale è costato circa 27 miliardi di dollari e ha una capacità annua che lo scorso anno ha superato 21 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (GNL): circa un quarto del consumo annuo di gas naturale in Italia.
Il progetto è guidato dalla compagnia privata russa Novatek (che detiene il 50,1%), con la partecipazione di partner internazionali come la francese TotalEnergies e le cinesi CNPC e Silk Road Fund. È stato finanziato e realizzato grazie a una sinergia tra capitali russi, cinesi ed europei. L’impianto ha richiesto la costruzione da zero del porto di Sabetta sul Mare di Kara, nonché di una flotta dedicata di navi metaniere rompighiaccio per esportare il gas attraverso i mari artici ghiacciati.

Yamal LNG è dunque un’infrastruttura chiave sia dal punto di vista energetico che strettamente geo-politico. Situato a oltre 600 chilometri a nord del Circolo Polare, opera in condizioni estreme. In inverno le temperature scendono sotto i –50 °C, e il mare è coperto da uno spesso strato di ghiaccio. Per garantire le forniture tutto l’anno, Novatek dispone di 15 navi metaniere specializzate di classe Arc7, rompighiaccio in grado di navigare nella banchisa artica.
Accanto a loro, nei mesi estivi con meno ghiaccio, si aggiunge una “flotta di supporto” di navi di classe inferiore (Arc4) o senza rinforzi, che integrano il trasporto verso ovest. L’impegno infrastrutturale è enorme, ma ripaga. Yamal LNG ha trasformato una remota tundra nell’epicentro di una nuova rotta energetica tra Europa e Asia.
Esportazioni record nel 2024

Nonostante le turbolenze geopolitiche, il progetto Yamal LNG continua a macinare record. Come riportato dal Centre for High North Logistics, Nel 2024 l’impianto ha esportato il quantitativo più alto di sempre: 287 carichi di GNL sono partiti dal porto di Sabetta, in aumento rispetto ai 273 del 2023. In termini di volume, si stima che siano circa 21,2 milioni di tonnellate di gas liquefatto imbarcati nell’anno – un incremento del 5% sul 2023. In media, circa 25 metaniere al mese hanno lasciato Yamal, un ritmo impressionante che testimonia l’affidabilità operativa raggiunta dall’impianto.
Ma la notizia è che gran parte di questo gas artico ha preso la via dell’Europa. Malgrado la guerra in Ucraina e i proclami europei di volersi sganciare dall’energia russa, circa l’80% dei carichi di Yamal LNG nel 2024 erano diretti in Europa. In numeri assoluti, parliamo di 227 viaggi verso porti europei sui 287 totali. I principali acquirenti si trovano nell’Europa occidentale. Francia, Belgio e Spagna sono i Paesi che hanno ricevuto più GNL russo dall’Artico. Solo nel 2024 la Francia ha ricevuto 88 carichi, il Belgio 62 e la Spagna 54. Parte di queste forniture sono destinate al consumo interno, altre sono riesportate verso Paesi terzi dopo uno stoccaggio o transito nei terminal europei.
Questa pratica, detta transshipment, finora tollerata, ha reso alcuni porti dell’UE come Dunkerque, Zeebrugge o Murgardes degli snodi per ridistribuire il GNL russo nel mondo. Basti pensare che persino la Germania – pur decisa a parole a non comprare più gas da Mosca – ha importato indirettamente ingenti volumi di GNL artico attraverso il terminal francese di Dunkerque. La società tedesca SEFE, controllata dallo Stato, nel 2024 ha acquistato 58 carichi da Yamal LNG, pari a 4,2 milioni di tonnellate, facendoli arrivare in Germania via gasdotto dopo rigassificazione in Francia. Si tratta di un aumento del 650% rispetto all’anno precedente, a riprova che il gas artico russo ha trovato nuove strade per alimentare anche economie che ufficialmente lo avversano.
La rotta dipende dal freddo
La rotta asiatica rappresenta l’altro canale di sbocco, seppur stagionale. Nel 2024, 41 carichi di Yamal LNG sono stati spediti verso porti asiatici, principalmente cinesi. D’estate, quando il ghiaccio artico si ritira, Novatek approfitta della Rotta Marittima del Nord (NSR) lungo la costa siberiana per accorciare drasticamente i tempi di consegna verso l’Asia. Attraverso la NSR, una metaniera Arc7 impiega in media 19 giorni per portare il gas da Sabetta alla Cina, circa la metà del tempo rispetto al percorso tradizionale via Canale di Suez.

Ma nel 2024 la finestra di navigazione artica è andata da fine giugno a novembre: in quei mesi i cargo diretti in Asia sono partiti regolarmente, totalizzando 33 viaggi via NSR (di cui 31 con navi Arc7). Con l’arrivo dell’inverno e la chiusura della rotta polare, alcune spedizioni asiatiche sono proseguite lo stesso, ma circumnavigando l’Europa e l’Africa: sono stati 6 i carichi inviati in Asia col lungo tragitto a sud (doppio di quelli del 2023).
Completano il quadro una quota di viaggi destinati a depositi galleggianti o trasferimenti nave-nave fuori dai porti. Nel 2024 si sono registrate 19 operazioni di transshipment al largo dell’isola Kildin, nei pressi di Murmansk. In questo caso, le metaniere Arc7 di Yamal scaricano il GNL su altre navi cisterna in mare aperto, trasferendo il carico per permettere poi a queste ultime di proseguire verso destinazioni più lontane (Asia, Medio Oriente) senza toccare porti UE. Questa pratica è diventata più frequente in periodi di restrizioni o in risposta alle sanzioni (come vedremo), e rappresenta una valvola di sfogo logistica importante: di fatto crea un hub di smistamento offshore nel Mare di Barents, fuori dalla giurisdizione di qualunque paese UE.
Il groviglio delle sanzioni
Dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, l’Unione Europea aveva dichiarato l’intenzione di affrancarsi dal gas russo, e in pochi mesi le forniture via gasdotto sono crollate ai minimi storici. Dall’altro lato, però, le sanzioni occidentali inizialmente hanno risparmiato il settore del gas naturale liquefatto, lasciando una porta aperta proprio a progetti come Yamal. Nel 2022 e 2023, mentre venivano messi al bando carbone e petrolio russi, il GNL non era soggetto ad embargo e ha conosciuto anzi un boom di acquisti da parte dei clienti europei, a corto di metano. Le esportazioni russe di GNL sono aumentate, seppur lievemente, dopo lo scoppio della guerra, raggiungendo il massimo storico nel 2024.
Non sono mancate pressioni politiche per colmare questa lacuna. A più riprese l’Ucraina ha chiesto a UE e Stati Uniti di includere Yamal LNG e altri progetti artici nei pacchetti sanzionatori. Nell’autunno 2023 qualcosa si è mosso: Washington, con un’azione mirata, ha colpito il progetto gemello Arctic LNG 2, allora in costruzione, inserendolo nelle sanzioni e spingendo i partner internazionali, inclusa l’Italia, ad abbandonarlo. L’intervento americano – mirato a impedire alla Russia di aprire nuove rotte di export – ha avuto il suo effetto. TotalEnergies e i finanziatori giapponesi e italiani si sono sfilati dal progetto Arctic LNG 2, che ha dichiarato force majeure e sospeso di fatto i lavori.
La risposta europea
Al contempo però le forniture di Yamal LNG già in corso non sono state toccate dalle sanzioni occidentali. L’Unione Europea, nel definire i propri pacchetti, fino a tutto il 2024 ha evitato di imporre un bando diretto sul GNL russo, principalmente a causa delle divisioni interne tra Stati membri. I Paesi baltici e nordici, che non importano GNL da Mosca, premevano per uno stop totale, mentre grandi importatori come Francia, Spagna e Belgio hanno frenato temendo nuovi rialzi dei prezzi e problemi di approvvigionamento.
A Bruxelles si è così optato per soluzioni di compromesso: da un lato incoraggiando (ma non obbligando) le aziende europee a non rinnovare i contratti di acquisto di GNL russo in scadenza; dall’altro introducendo misure specifiche come il divieto di transshipment sul suolo UE. Quest’ultima misura, concordata nell’ambito del 14° pacchetto di sanzioni, è entrata in vigore solo a fine marzo 2025, e proibisce ai terminal europei di fungere da piattaforma di riesportazione per il GNL russo.
In pratica, il gas liquido di Yamal può ancora essere importato per consumo nell’UE, ma non può più essere sbarcato in un porto comunitario e poi ricaricato su un’altra nave per essere inviato altrove. L’obiettivo è tagliare un canale commerciale che nel 2024 ha rappresentato circa il 20% dei flussi di GNL russo in Europa.
Dipendenza tecnologica
Va detto che l’onda lunga della guerra ha comunque investito il progetto Yamal sotto altri aspetti. Le restrizioni commerciali hanno complicato la manutenzione e l’ammodernamento della flotta di navi rompighiaccio: sebbene non sanzionate direttamente, alcune sono proprietà di società (come Sovcomflot) finite nelle blacklist, rendendo difficile per loro ottenere pezzi di ricambio o servigi dai cantieri occidentali.

Ad esempio, la Christophe de Margerie – nave ammiraglia di Yamal – nel 2024 è rimasta ferma per mesi in un cantiere cinese, impossibilitata a ricevere componenti critici dai fornitori europei. Questo incidente ha messo in luce la persistente dipendenza tecnologica da fornitori stranieri, eredità dei tempi in cui il progetto era stato costruito con ampio know-how europeo.
Già all’inizio del conflitto, alcuni analisti avevano avvertito che Yamal LNG avrebbe potuto subire rallentamenti proprio per la sua dipendenza da tecnologia e assistenza occidentale. Finora l’operatività è stata mantenuta grazie a scorte e soluzioni alternative (coinvolgendo cantieri in Asia o ricorrendo a fornitori non occidentali), ma il rischio di colli di bottiglia resta, specie se il contesto sanzionatorio dovesse irrigidirsi ulteriormente.
In conclusione, il progetto Yamal LNG incarna le contraddizioni e le sfide del panorama geopolitico-energetico attuale. Da un lato, è un simbolo del successo russo nell’aprire una nuova frontiera energetica nell’Artico, rafforzando la propria posizione di potenza gasifera globale. Dall’altro, il suo destino è intrecciato ai complessi giochi politici internazionali in corso. La guerra in Ucraina e le sanzioni hanno imposto ostacoli, ma non sono riusciti a congelarne le attività, anzi. L’Europa stessa ne continua a essere dipendente.
Enrico Peschiera