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I cento colori di Nuuk

© Osservatorio Artico

La Groenlandia è passata da essere la periferia del mondo, a centro focale degli interessi internazionali. Siamo venuti a Nuuk per scoprire cosa sta cambiando, come e perché.

Nuuk, il centro del cambiamento dell’Artico

Lontano da tutto, e lontano da tutti. Se c’è un sinonimo di lontananza, è la Groenlandia. Distante, difficile, sconosciuta. Ma nell’arco di pochi mesi, tutto sembra cambiare. Le dichiarazioni roboanti di Donald Trump, a ridosso del suo insediamento come nuovo Presidente, ancora rimbombano nelle orecchie degli abitanti della capitale, Nuuk. “Prenderemo la Groenlandia, in un modo o nell’altro“, disse Trump, di ritorno alla Casa Bianca dopo quattro anni di assenza.

Parole che hanno continuato poi a susseguirsi, tra le interviste dei giornalisti attoniti, e le dichiarazioni dei suoi più stretti collaboratori, tra cui il Segretario alla Difesa USA Pete Hegseth, che lo scorso 12 giugno, davanti alla House Armed Services Committee, dichiarò che il Pentagono avrebbe “Piani per qualsiasi contingenza”, inclusi possibili interventi militari sulla Groenlandia.

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Arrivare a Nuuk è molto più semplice che in passato, e questo grazie al nuovo aeroporto commerciale inaugurato a fine 2024. “Il turismo sta trasformando la città“, ci racconta Maja, capo infermiera dell’ospedale locale. “Quando ero bambina, si arrivava in questa parte della città solo con la barca, e venivamo a cogliere fiori e bacche, erano giorni di festa”. Quattro figli adulti, una vita in Groenlandia, e tanti punti interrogativi per il futuro, nei suoi occhi.

Capire il cambiamento

Sono atterrato in Groenlandia la scorsa domenica, dopo una lunga giornata di viaggio dall’Italia. Certo, l’aeroporto di Nuuk è un centro di arrivo decisamente più facile rispetto al passato, quando per arrivare nella capitale era necessario fare scalo a Kangerlussuaq, e da lì imbarcarsi per ogni altra destinazione dell’isola più grande del mondo. Ma la distanza geografica e mentale è ancora quella di sempre. O forse no, a seconda delle prospettive. “Il nuovo governo groenlandese farà bene a sfruttare il momento per rimettere al centro della discussione ciò che importa davvero a questo Paese e alla sua gente“, riflette Nuunu Chemnitz Frederiksen, un lungo passato in Air Greenland e ora a capo dell’azienda locale di trasporti.

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“Questo interesse globale nei confronti del nostro Paese di disorienta. Abbiamo sempre guardato al Medio Oriente pensando di essere comunque al sicuro, distanti dalle guerre, dalle tensioni internazionali. Siamo cresciuti in un mondo di pace, in una piccola comunità. Oggi ci ritroviamo al centro di un cambiamento di cui non vediamo i limiti, le proporzioni, i possibili sviluppi”, racconta ancora la moglie, Maja, accogliendoci nel salotto di casa, in un bovindo illuminato dal caldo sole estivo che riflette sul fiordo. In acqua, tanti piccoli pezzi di ghiaccio marino artico viaggiano leggeri verso il mare aperto.

Dopo essere stata periferia del mondo per secoli, oggi la Groenlandia vive anche un momento di espansione decisa. Entro il 2040 punta all’autonomia alimentare, andando a promuovere anche nuove coltivazioni e sistemi agricoli avanzati e tecnologici. Punta sul turismo, e su uno sviluppo immobiliare rinnovato. Ma i veri motori che muovono il Paese sono altri. Miniere, pesca, Spazio, posizionamento strategico. Lo scorso maggio la Danimarca ha preso il posto della Norvegia alla presidenza dell’Arctic Council, il foro internazionale che legifera su tutte le materie legate all’Artico. Tutte, tranne la sicurezza.

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La HDMS Ejnar Mikkelsen e la MHMS Vaedderen nel porto di Nuuk © Osservatorio Artico

E la Groenlandia, che è uno stato autonomo ma legato a Copenhagen tramite il Regno, non può che dipendere dalla capitale europea per ciò che riguarda il controllo delle sue coste, delle sue capacità. Oggi, quindi, la Groenlandia è, a conti fatti, il vertice massimo degli interessi internazionali, e presiede essa stessa i principali snodi diplomatici. Ma che possa davvero approfittarne, è un tema da seguire da vicino.

I nuovi abitanti della capitale

Dalla Princess Cruises al porto della capitale, sono scese decine di turisti canadesi e americani. Accento inconfondibile, colori sgargianti di felpe e cappellini, visitano incuriositi il porto coloniale di Nuuk, rinfrescati dal vento gelido che arriva dall’interno. “Il turismo cambierà le nostre prospettive, ma il governo dovrà essere capace di sfruttare questa posizione di forza in cui oggi tutti ci vogliono, e non piegarsi a una determinata parte, magari solo accontentando lo sviluppo immobiliare”, prosegue Chemnitz Frederiksen. L’interesse mondiale verso la grande isola del Regno di Danimarca non è nuovo, ma l’avanzata delle pretese di Trump ha sconvolto delicati equilibri diplomatici costruiti in decenni.

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Solo negli ultimi mesi e pochi anni, l’Unione Europea ha costituto qui un nuovo ufficio regionale, mentre il consolato USA prende spazio accanto all’Arkistk Kommando danese. Ma a segnare il passo è stato anche Emmanuel Macron, in visita a Nuuk lo scorso 15 giugno, che ha ribadito con forza a più riprese le intenzioni dell’Esagono verso l’Artico. Ultima, ma solo per questioni di tempo, la pubblicazione della strategia di difesa artica della Francia. Un nuovo territorio d’oltremare, forse? “Non sappiamo cosa stia succedendo, ma di certo se ne parla molto anche a livello locale“, confermano due turisti francesi che hanno scelto Ilulissat per festeggiare il 40esimo anniversario di matrimonio. “Certo è bizzarro che la Francia voglia spartirsi un pezzo della torta, ma in fondo tutti sono concentrati su quest’area”. Chi si ferma è perduto.

Le case di Nuuk colorano l’aria di tutte le sfumature possibili. Dal blu oltremare al giallo, dal rosso tipico della bandiera al verde dei prati e del muschio che circonda le strade polverose, solo in parte asfaltate. Il nero assoluto dei grandi corvi fa da contrasto al bianco perfetto e iconico degli iceberg alla deriva, ed è difficile immaginare come questa tavolozza venga rinchiusa dal buio totale dell’inverno. In attesa di capire quale colore avrà la prossima primavera.

Leonardo Parigi

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Leonardo Parigi
the authorLeonardo Parigi
Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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