Scienza

La trasversalità del cambiamento climatico

La trasversalità del cambiamento climatico emerge anche a distanza: quello che accade nell’Artico può avere effetti concreti in Africa.

Una minaccia globale e interconnessa

Il cambiamento climatico è oggi riconosciuto come una delle minacce più pervasive e strutturali per la stabilità del pianeta. Non si tratta soltanto di un problema ambientale: coinvolge dimensioni economiche, sociali, politiche e sanitarie, con effetti differenziati ma interconnessi tra le diverse aree del mondo. Eventi climatici estremi, modifiche nei regimi delle precipitazioni, alterazioni negli ecosistemi e crisi idriche si stanno intensificando ovunque, e con velocità crescente.

Secondo il l’IPCC (2023), la temperatura media globale è già aumentata di circa 1,1 °C rispetto ai livelli preindustriali, e l’Artico si sta riscaldando a una velocità quasi quadrupla rispetto alla media planetaria. Questo squilibrio ha effetti a catena sull’intero sistema climatico terrestre, dimostrando quanto i fenomeni locali siano in realtà parte di una dinamica globale e integrata. La trasversalità del cambiamento climatico risiede proprio in questa capacità di manifestarsi simultaneamente in forme diverse e di produrre effetti che attraversano frontiere fisiche, settoriali e politiche.

Lo scioglimento del permafrost fra rischi locali e riflessi globali

Tra le manifestazioni meno visibili, ma potenzialmente più destabilizzanti del cambiamento climatico, vi è lo scioglimento del permafrost, cioè del terreno perennemente congelato presente nelle regioni polari e subpolari. Il permafrost copre circa il 25% dell’emisfero nord e contiene enormi quantità di materia organica, intrappolata e conservata nel ghiaccio per migliaia di anni. Con l’innalzamento delle temperature, il ghiaccio si scioglie, il suolo si destabilizza, e la materia organica comincia a decomporsi, liberando anidride carbonica e metano, gas serra che accelerano ulteriormente il riscaldamento globale.

Mappa del permafrost presente nell’Artico. Fonte: www.grida.no/publications/998

Uno studio pubblicato su Nature Climate Change nel 2015 stimava che il permafrost contenga circa 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio, il doppio di quello attualmente presente nell’atmosfera. Il rilascio anche solo parziale di questi gas contribuirebbe in modo significativo all’amplificazione del riscaldamento climatico. Questo meccanismo rappresenta un importante punto critico climatico, capace di innescare effetti a cascata anche lontano dalla regione artica.

Inoltre, sebbene non ancora documentato con prove concrete, la comunità scientifica ha discusso la possibilità che il disgelo del permafrost possa portare alla riattivazione di virus e batteri antichi. Si tratta però di scenari ancora teorici, che richiedono ulteriori studi prima di essere considerati rischi effettivi per la salute pubblica.

Le conseguenze indirette in Africa

Lungi dall’essere un fenomeno circoscritto al Nord globale, gli effetti del cambiamento climatico si ripercuotono anche su aree geograficamente distanti come l’Africa. Sebbene non sia possibile stabilire un nesso causale diretto e univoco tra il disgelo del permafrost e le crisi africane, è innegabile che questo processo contribuisca a una più ampia dinamica di destabilizzazione climatica che colpisce duramente il continente.

In particolare, il riscaldamento globale intensifica fenomeni di siccità estrema, specialmente nella regione del Sahel e nel bacino del Lago Ciad. Secondo la FAO (2023), la scarsità idrica ha già ridotto drasticamente la produttività agricola in vaste aree del continente, aumentando l’insicurezza alimentare e provocando spostamenti di popolazione. L’acqua, risorsa vitale per l’agricoltura, l’allevamento e la vita quotidiana, diventa sempre più difficile da reperire, soprattutto nelle aree semi-aride e desertiche.

Anche le comunità costiere africane sono vulnerabili agli effetti indiretti dello scioglimento artico, in particolare all’innalzamento del livello del mare. L’IPCC ha sottolineato come questo fenomeno sia destinato ad accelerare nei prossimi decenni a causa della fusione delle calotte glaciali e del permafrost costiero, aumentando il rischio di erosione, inondazioni e perdita di suolo fertile nelle città e nei villaggi lungo le coste del Golfo di Guinea e dell’Africa orientale.

I cambiamenti climatici, spinti anche dai processi in atto nell’Artico, contribuiscono infine ad aumentare le pressioni migratorie interne ed esterne. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha evidenziato come il cambiamento climatico sia ormai un motore importante della mobilità africana, soprattutto tra le fasce più vulnerabili della popolazione rurale. Le migrazioni climatiche non solo pongono sfide umanitarie, ma possono alimentare tensioni socioeconomiche, conflitti per le risorse e instabilità politica.

Pensare insieme l’Artico e l’Africa: una sfida comune

L’interconnessione tra l’Artico e l’Africa, per quanto indiretta, rappresenta un esempio emblematico della trasversalità del cambiamento climatico. I processi che si innescano in una regione remota e apparentemente lontana possono avere conseguenze profonde su territori vulnerabili del Sud globale, aggravando disuguaglianze già esistenti. Questo richiede un ripensamento delle priorità nella governance climatica: non si può affrontare una crisi planetaria con soluzioni frammentarie e locali.

Serve quindi una cooperazione internazionale più profonda, fondata sulla condivisione della conoscenza, sulla solidarietà finanziaria e sul rafforzamento delle capacità locali di adattamento. L’Africa e l’Artico, pur distanti, sono legati da una stessa urgenza: affrontare un cambiamento climatico che non conosce confini. Proteggere il permafrost, limitare le emissioni, investire nella resilienza delle comunità più esposte non è solo una scelta scientifica, ma anche un dovere etico e politico. Solo attraverso un’azione comune sarà possibile contenere i rischi futuri e costruire un futuro più giusto e sicuro per tutti.

Driscole Nenenga

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Driscole Nenenga

Consulente legale specializzato nella pace, la sicurezza internazionale e diplomazia preventiva; istruttore internazionale di ordine pubblico ed istruttore qualificato per le operazioni di pace delle Nazioni Unite.

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