Nel Mare di Bering è facile vedere i colori esotici del becco dei “puffin”, i pulcinella di mare che affollano le coste dell’Atlantico settentrionale. Alla fine del 2016 in Alaska si sono notate alcune carcasse di questi animali, in una quota anormale.
Negli ultimi due anni si è assistito a un incremento notevole della morìa di pulcinella di mare in tutta la regione, e secondo Julia Parrish, Professoressa di Scienze della Pesca Oceanica presso l’Università di Washington e Direttore Esecutivo del Coastal Observation e Seabird Survey Team (COASST): “Non c’è modo di evitare ciò che sta accadendo qui”.
L’ecatombe di puffin è stata documentata e registrata fino al gennaio 2017. Nell’arco di pochi mesi si sono registrati due picchi anomali di 400.000 e 500.000 esemplari di puffin morti. Nel giro di pochi anni sono stati registrati milioni di esemplari deceduti in tutta la regione dell’Alaska. Negli ultimi anni il riscaldamento globale ha colpito in maniera impressionante le coste artiche. Le acque calde arrivate attraverso lo Stretto di Bering hanno sconvolto l’ecosistema, e il riscaldamento climatico è la prima ipotesi alla base della morte dei pulcinella di mare.
Il cambiamento climatico è ben consolidato nella regione del Mare di Bering. Il ghiaccio marino, presente in larga parte nella regione, ha visto una riduzione sostanziale nello spessore e nell’ampiezza generale. Aree immense, solitamente ricoperte di ghiaccio, oggi lasciano vedere praterie e coste che lambiscono il mare. Il cambiamento climatico impatta notevolmente quindi anche sulla fauna, sul ciclo alimentare di tutta la regione. Uno sconvolgimento di cui vediamo gli effetti nella moria di pulcinella di mare.
Sull’isola di St. Paul, le morti dei puffin rappresentano una perdita per la comunità e un segnale preoccupante per il futuro. Gli abitanti dell’isola, circa 450, vivono di caccia di sussistenza. I pulcinella di mare non vengono più cacciati, ma sono un simbolo stesso della comunità a livello identitario e culturale.
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