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F-35 e controllo dello spazio aereo. Il Canada ragiona su una maggiore indipendenza

Tra tensioni con gli Stati Uniti e nuove strategie per l’Artico, il Canada rivede le sue scelte in materia di difesa e rafforza il controllo del proprio spazio aereo.

Trump spinge il Canada verso l’Europa

“Il Canada è il Paese più europeo tra gli Stati non europei”.

Affermazione del neopremier canadese Mark Carney, che ha rotto la tradizione svolgendo il suo primo viaggio all’estero tra Londra e Parigi piuttosto che a Washington. Anche se queste parole sono ancora ben lontane dal mettere seriamente in pratica un avvicinamento dello Stato nordamericano all’Unione Europea, dimostrano platealmente il crescente fastidio (per usare un eufemismo) verso le posizioni della nuova amministrazione statunitense. E se immaginare il Canada come ventottesima stella UE è assolutamente improbabile, altrettanto se non di più è vederlo come cinquantunesima stella USA – secondo le immagini che Donald Trump lascia neanche troppo velatamente filtrare con una certa frequenza.

Davanti all’aggressività sia economica che verbale –Trump ha l’abitudine di riferirsi al premier canadese come al “governatore canadese” – a Ottawa si iniziano a prospettare reazioni di un certo livello, che potrebbero iniziare a delineare nuove configurazioni per la sicurezza tra nord Atlantico e regione artica. In particolare, due sono i punti che al momento il nuovo gabinetto canadese sta considerando con grande attenzione.

Voglia d’indipendenza aerea

Il primo vede a rischio il progettato acquisto, dalla statunitense Lockheed Martin, del caccia multiruolo stealth di quinta generazione F-35. L’accordo, raggiunto a gennaio 2023 per un totale di 19 miliardi di dollari canadesi, prevede l’acquisto di 88 velivoli (16 già acquistati e ormai non più rinunciabili). Carney ha chiesto al ministro della Difesa Bill Blair di valutare delle alternative, aprendo alla possibilità che l’F-35, come programma di sviluppo militare sul quale gli Stati Uniti hanno un potere decisionale immenso, non sia più nei migliori interessi di sicurezza del Canada.

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Un F-35 in fase di decollo.

Si è ancora lontani da un definitivo addio al progetto, che peraltro comporterebbe gravi penali, e inoltre la sostituzione con alternative valide ha delle controindicazioni. La scelta più probabile ricadrebbe sul Gripen della svedese SAAB, obbligando però a gestire contemporaneamente due linee di volo con gli F-35 già ottenuti e causando un aumento dei costi di gestione e notevoli difficoltà logistiche.

Nondimeno, la seria apertura all’idea che il progetto Joint Strike Fighter non sia più una stabile garanzia per la Difesa canadese (è da aggiungere che anche il Portogallo ha formalmente annunciato che abbandonerà l’idea di acquistare il caccia Lockheed per rinnovare la sua linea aerea, e per le stesse obiezioni sollevate dal Canada) fa capire quanto le politiche di Donald Trump stiano assestando un colpo dopo l’altro alla stabilità di alleanze che parevano invece magari labili, ma garantite nel tempo.

Ottawa e Canberra si uniscono sui radar

Un secondo punto, fondamentale per la sorveglianza dello spazio aereo artico-nordamericano, è stato toccato con il raggiungimento di un accordo tra Canada e Australia riguardo l’implementazione di un sistema RADAR denominato Arctic Over-the-Horizon Radar (A-OTHR), che sarà installato nell’Ontario meridionale per un costo di 6 miliardi di dollari canadesi. Fondi che saranno distratti dal budget stanziato per la modernizzazione del NORAD, il sistema di allerta aerea che dagli anni Cinquanta Canada e Stati Uniti gestiscono congiuntamente.

Un’altra dimostrazione di come a Ottawa, pur non volendo certo rompere in modo irreparabile i rapporti politici e militari con Washington, abbiano ben compreso come fintanto che l’amministrazione statunitense seguirà questa linea politica è bene rafforzare la propria posizione nazionale, all’interno o all’esterno delle strutture internazionali già esistenti. Una posizione analoga a quella che anche l’UE, tra i mille ostacoli insiti nella cooperazione tra 27 governi, sta cercando di portare avanti.

Fra alleanza e indipendenza

Si tratta, è bene sottolinearlo, di contromisure tecniche da non intendersi unicamente come risposta politica alle affermazioni di Trump, quanto piuttosto al fatto che l’affidamento totale a un sistema di difesa egemonizzato dagli Stati Uniti non sembra, in questo momento, la migliore opzione. Quanto avvenuto all’Ucraina, azzoppata da un giorno all’altro della sorveglianza satellitare garantita dagli USA dopo la lite tra Trump e Zelensky, è indicativo.

Carney non ha fatto mancare neanche precise prese di posizione più ampie. Affermando non solo, come è ovvio, la assoluta integrità e indipendenza del suo Stato, ma anche la sovranità canadese sul territorio artico (motivo per cui ha voluto incontrare Pauloosie Akeeagok, premier del Nunavut), sulle acque del Passaggio di Nord Ovest e, infine, i rapporti con la Groenlandia definita esplicitamente parte del Regno di Danimarca.

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Il premier Mark Carney incontra Pauloosie Akeeagok, governatore del Nunavut. (foto: X.com/MarkJCarney)

Tutte indicazioni, accompagnate da programmi di spesa per lo sviluppo sociale, economico e infrastrutturale dell’Artico canadese, che mostrano come non ci sia alcuna intenzione di cedere all’assertività della nuova politica statunitense, ribattendo su ogni terreno nel quale Trump cerchi di indebolire la posizione di Ottawa ma mantenendo per quanto possibile al meglio i rapporti transfrontalieri, in attesa che questi possano tornare a una condizione di reciproca stabilità.

Lorenzo Lena

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Lorenzo Lena
the authorLorenzo Lena
Residente a Udine, studioso di relazioni internazionali e soprattutto di Sicurezza e Difesa dalla triennale al master. Nutro una grandissima passione per la storia, in particolare storia militare, e collaboro con diverse testate online su temi storici e di attualità internazionale. Il mio più grande interesse è la Russia e il ruolo che ricopre nelle dinamiche contemporanee.

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