Nuuk trasforma la propria vulnerabilità climatica e la cultura Inuit in strumenti di diplomazia, rivendicando per la Groenlandia un ruolo da protagonista nel futuro dell’Artico.
In Groenlandia il cambiamento climatico non è una proiezione statistica, ma la cornice della vita quotidiana. I ghiacci si ritirano, il permafrost mina la stabilità delle case, nuove specie marine arrivano nelle reti mentre quelle tradizionali migrano altrove. Tutto ciò ridisegna non solo il paesaggio, ma anche le prospettive delle comunità Inuit, da secoli legate alla pesca e alla caccia.
Da questa esperienza diretta nasce la convinzione che il futuro dell’Artico non possa essere discusso senza coinvolgere chi lo abita. È qui che prende forma un principio destinato a guidare la politica estera e di difesa groenlandese per il prossimo decennio: “Nothing about us without us” – Nulla sull’Artico senza di noi.
Lo slogan, scelto come filo conduttore della strategia di politica estera, sicurezza e difesa 2024–2033, diventa così manifesto politico e culturale: un richiamo all’autodeterminazione e al diritto di contare, non più come semplice periferia del Regno di Danimarca, ma come attore protagonista sulla scena internazionale.
Un dettaglio spesso tralasciato è che la Groenlandia sia l’unico territorio del Regno di Danimarca pienamente artico e abitato. Questo rafforza l’idea che la voce groenlandese non sia un’opzione, ma una necessità. Nessun’altra parte del Regno vive quotidianamente le sfide e le opportunità del Nord estremo.
La cultura Inuit è al centro di questo percorso. Le pratiche tradizionali, dalla trasmissione orale dei saperi alla gestione sostenibile delle risorse, non sono più viste come un patrimonio da proteggere per ragioni folkloristiche, ma come strumenti concreti per affrontare le sfide globali.
Il legame con la natura, che da secoli regola la pesca, la caccia e l’uso del territorio, diventa parte integrante della politica estera. Nel discorso groenlandese, resilienza culturale significa anche resilienza diplomatica: portare al tavolo internazionale la voce di chi vive quotidianamente l’impatto del riscaldamento globale.
Un ruolo chiave lo gioca anche la cooperazione con gli altri popoli Inuit, attraverso l’Inuit Circumpolar Council: unire Groenlandia, Canada e Alaska in un dialogo che parte dalla cultura e arriva fino alla politica globale.
La strategia punta in alto: costruire una rete diplomatica propria, capace di dare voce diretta a Nuuk sulla scena internazionale. Per questo il governo groenlandese intende aprire uffici di rappresentanza all’estero, senza passare più in via esclusiva dalle ambasciate danesi. I primi partner individuati non sono casuali: Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Corea del Sud.
Questa evoluzione rappresenta un cambio di passo notevole: per la prima volta la Groenlandia si prepara a parlare con voce propria nelle capitali del mondo, rafforzando la sua credibilità internazionale.
Tra le proposte più ambiziose c’è l’idea di istituire in Groenlandia un Centro per la Pace. Non un semplice gesto simbolico, ma un progetto che punta a fare dell’isola un luogo di dialogo internazionale, dove affrontare conflitti e tensioni artiche con logiche di cooperazione anziché militarizzazione.
In un momento in cui l’Artico è sempre più al centro degli interessi strategici globali, Nuuk sceglie la via della pace per affermare la propria leadership. Un approccio che riflette l’identità del popolo groenlandese: una comunità che ha fatto della convivenza con la natura e della cooperazione la chiave della sopravvivenza, e che ora prova a trasferire quei valori nella diplomazia.
Tra rischi ambientali e nuove opportunità
Il riscaldamento globale porta con sé rischi ambientali e sociali difficili da ignorare: erosione costiera, instabilità del terreno, perdita di biodiversità, minacce agli ecosistemi marini e terrestri.
Eppure, Nuuk guarda anche alle opportunità. Il turismo cresce di anno in anno, attratto dai fiordi e dai paesaggi unici. L’idroelettrico – definito “l’oro blu” – promette autosufficienza e nuove entrate. E le risorse minerarie, sempre più richieste dalla transizione verde, possono diventare una leva economica importante, se gestite con attenzione.
Un tassello centrale della strategia è la connettività. L’aeroporto di Nuuk è operativo dalla fine del 2024, mentre nuovi scali sono in costruzione a Ilulissat, destinato a hub del turismo artico, e a Qaqortoq, porta d’ingresso al sud dell’isola.
Accanto alle infrastrutture aeree, progetti di cavi sottomarini e potenziamento delle telecomunicazioni mirano a ridurre l’isolamento digitale. La Groenlandia si immagina così come ponte tra Europa e Nord America: non solo geograficamente, ma come snodo di scambi e connessioni globali.
La sfida resta trovare un equilibrio tra sviluppo e tutela di un ecosistema fragile e prezioso.
Quella che emerge è l’immagine di un territorio che non vuole più essere lasciato in disparte, ma essere protagonista nel futuro dell’Artico. Partendo dall’identità Inuit, intrecciata con la dimensione climatica, sostenuta da una rete diplomatica in crescita e rafforzata da nuove connessioni globali, la Groenlandia rivendica il diritto di decidere del proprio destino.
“Nothing about us without us” non è dunque soltanto uno slogan: è un progetto politico, culturale e diplomatico. È il segnale che la Groenlandia, con i suoi 56mila abitanti, intende farsi ascoltare su temi che riguardano l’intero pianeta: il cambiamento climatico, la sostenibilità delle risorse, la pace in una delle regioni più delicate del mondo
Isabella Basile
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