Economia

Demografia e politica, come cambiano le comunità artiche

Aumento degli investimenti e sicurezza, ma anche turismo, esodi di massa verso le città e scarsi servizi. Cosa cambia nel peso politico delle comunità artiche, in base alla demografia e alle migrazioni.

L’Artico che cambia

Quando pensiamo all’Artico, ci vengono in mente paesaggi ghiacciati, immense distese innevate e popoli antichi che sfidano condizioni estreme. Ma dietro questa immagine affascinante si nasconde una realtà demografica complessa e in continua trasformazione.

Le popolazioni indigene dell’Artico presentano caratteristiche uniche: tassi di fertilità più alti rispetto alla media globale, aspettative di vita più basse e una popolazione mediamente molto giovane. Tuttavia, i cambiamenti negli equilibri economici, climatici e sociali stanno alterando profondamente la distribuzione e la crescita della popolazione in tutta la regione.

Fonte: Nordregio

Secondo un’analisi di Nordregio, istituto di ricerca nordico leader nei campi della ricerca sullo sviluppo regionale, sulla politica e sulla pianificazione, Alaska e Canada offrono esempi emblematici. Mentre la popolazione degli Stati Uniti è cresciuta del 37% dal 1990, l’Alaska ha registrato una crescita più contenuta, penalizzata da un consistente esodo verso altri stati americani, fenomeno che continua dal 2012. In Canada, invece, territori come Yukon e Nunavut hanno visto un vero boom demografico, grazie a un incremento naturale positivo, mentre regioni come il Labrador stanno conoscendo un lento spopolamento.

Chi cresce e chi rischia lo spopolamento

Situazione diversa in Islanda, dove il boom economico dei primi anni 2000 ha attratto numerosi immigrati, portando la popolazione a sfiorare i 384.000 abitanti. Un’isola che ha saputo trasformarsi da terra remota a centro pulsante dell’Atlantico settentrionale. La Groenlandia, con una forte componente di popolazione indigena, vive invece una sorta di equilibrio statico: ogni eccesso di nascite viene compensato dall’emigrazione, mantenendo il numero di abitanti pressoché invariato da decenni.

Anche le Isole Faroe raccontano una storia di resilienza. Dopo un’emorragia di abitanti causata da una crisi nella pesca, dagli anni 2010 l’arcipelago è tornato a crescere, grazie a un’inaspettata inversione nei flussi migratori. Nel cuore della Norvegia artica, le regioni di Nordland, Troms e Finnmark registrano aumenti molto modesti, mentre l’arcipelago delle Svalbard ha visto una diminuzione costante di residenti.

In Svezia e Finlandia, il quadro si fa più sfumato. Se nel primo Paese, Västerbotten cresce moderatamente, la regione del Norrbotten perde abitanti. In Finlandia, il bilancio naturale è ormai negativo: si nasce meno di quanto si muoia, e la crescita demografica si deve unicamente all’immigrazione, mentre aree come la Lapponia si spopolano.

L’esodo silenzioso

La situazione più drammatica, però, si osserva nella Russia artica. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, milioni di persone hanno abbandonato i territori settentrionali. Laddove un tempo sorgenti città e insediamenti fiorenti, oggi si trovano villaggi abbandonati e regioni spopolate. In aree come la Chukotka e il Magadan è andato perduto quasi il 70% degli abitanti. Solo i distretti ricchi di petrolio e gas della Siberia occidentale – Khanty-Mansi e Yamal-Nenets – sono riusciti ad attrarre nuovi residenti, trainati dalle opportunità economiche.

Il tema dello spopolamento dell’Artico costiero russo diventa anche un problema politico e tecnico, nel momento in cui il Cremlino continua a investire su questa particolare area. Probabile dunque che verranno posti in essere incentivi e sgravi molto interessanti per chi vorrà trasferirsi nelle zone più a ridosso dei grandi investimenti portuali e infrastrutturali oggi in cantiere, per sostenere regioni che al momento appaiono più come puntine su una mappa economica che come reali cittadine.

L’Artico ci offre una fotografia estremamente variegata dei fenomeni demografici contemporanei: crescita, declino, migrazioni e resistenza si intrecciano in uno scenario dinamico e fragile. Il futuro di questi territori dipenderà non solo dalle sfide ambientali, ma anche dalla capacità di attrarre nuove generazioni e costruire economie sostenibili.

Leonardo Parigi

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Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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