Il 18 agosto l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo scientifico di riferimento a livello mondiale sui cambiamenti climatici, ha concluso la selezione degli autori per il settimo ciclo di report (Seventh Assessment Cycle). I 664 esperti esperti nominati possono inaugurare i lavori che dovrebbero concludersi con il tradizionale Synthesis Report nel 2029.
Una stella polare per scienza e politica
Il 18 agosto è arrivato da Ginevra l’annuncio secondo cui l’Intergovernmental Panel on Climate Change ha ufficialmente concluso la nomina degli autori per il suo settimo ciclo di report (Seventh Assessment Report – AR7). L’IPCC Bureau, eletto nella Sessione plenaria di luglio 2023 a Nairobi, ha individuato 664 esperti provenienti da 111 paesi tra le migliaia di nomine ricevute e dichiarato così aperti i lavori per il AR7.
Dalla fine del secolo scorso l’Intergovernmental Panel on Climate Change, meglio noto con l’acronimo inglese IPCC, si è configurato come la massima autorità scientifica in ambito climatico. Questo organismo scientifico è stato creato dal Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) nel 1998 con lo scopo di fornire ai decisori politici di tutto il mondo una radiografia completa, precisa e periodica dei cambiamenti climatici e dei loro impatti, nonché di proporre strategie di mitigazione e adattamento fondate su dati scientifici più aggiornati.
Per intenderci, i report dell’IPCC costituiscono la base scientifica indiscutibile che informa i processi di negoziazione politica sul clima (invece decisamente discutibili) che si svolgono annualmente in seno alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) nelle cosiddette COP (Conference of Parties). La prossima COP, la trentesima, è in programma a Belém, Brasile, dal 10 al 21 novembre.

I contenuti settimo ciclo
Il lavoro dell’IPCC è organizzato in assessment cycles, letteralmente “cicli di valutazione”. Il termine stesso suggerisce che non si tratta, come potrebbe essere istintivo pensare, di un lavoro di ricerca bensì di selezione, valutazione, processamento e confezionamento dei risultati già prodotti dalla ricerca.
Sulla base di questo immenso corpus, alla fine di ogni assessment cycle, della durata di 5-7 anni, tre Gruppi di Lavoro producono i tre report principali – sulla “Base della Scienza Fisica”, su “Impatti, Adattamento e Vulnerabilità” e sulla “Mitigazione del Cambiamento Climatico”- alcuni report speciali su temi specifici secondo necessità, e un report di sintesi. Quest’ultimo, e soprattutto il suo “Summary for Policymakers”, è particolarmente importante perché distilla e armonizza i principali messaggi dei massicci report prodotti nel corso del ciclo in un formato facilmente accessibile per i decisori politici.

Gli scheletri dei report del AR7 sono già stati stabiliti nel corso della 62esima sessione plenaria tenutasi in Cina a Febbraio. Durante il ciclo precedente era già stato deciso che sarebbero stati prodotti due report speciali – uno sul rapporto tra cambiamenti climatici e città, e uno metodologico sui short-lived climate forcers, gli agenti forzanti del clima a vita breve. La pubblicazione di questi due report è prevista per il 2027. Agli autori, inoltre, è stato richiesto di produrre anche un report metodologico sulle molto discusse tecnologie per la rimozione del diossido di carbonio, e la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
Dietro le quinte della scienza
La selezione degli esperti che compongono i tre gruppi di lavoro avviene principalmente attraverso la presentazione di nomine presso i governi nazionali e le organizzazioni con statuto di osservatori in seno all’IPCC. Gli esperti vengono quindi selezionati sulla base dei loro CV per garantire contemporaneamente massima qualità e rappresentazione.
Il gruppo di esperti nominati per il ciclo in corso è composto per il 51% da scienziati provenienti da paesi in via di sviluppo ed economie in transizione, e per il 46% da donne (qui i nomi degli esperti italiani). Queste statistiche riflettono, almeno formalmente, una migliore rappresentazione della diversità del mondo accademico nell’IPCC.

Tuttavia, il processo di selezione degli autori, basato spesso sulle metriche tradizionali del mondo accademico tra cui la quantità di pubblicazioni e citazioni, non è esente da bias e pattern discriminanti a diversi livelli, consci o inconsci che siano, che portano ad esempio a escludere sistematicamente le voci indigene.
Un altro dato importante che spesso non viene sottolineato è che la natura intergovernativa dell’IPCC, che si colloca quindi all’interfaccia di politica e scienza. La revisione e l’approvazione dei report, in particolare del summary for policymakers, da parte dei governi è un tassello ineludibile del processo che talvolta rischia di annacquare i messaggi dei report.
Nonostante tutto, i report dell’IPCC restano uno strumento unico, internazionalmente riconosciuto, per argomentare solidamente a favore di un’azione climatica urgente. Essere consapevoli dei limiti di un processo non significa demonizzarlo, bensì permette di farne un uso consapevole.
Il settimo ciclo giungerà a conclusione nel 2029, alle porte della ormai mitologica data di scadenza di molti degli impegni politici sul clima e lo sviluppo sostenibile. Troppo tardi per contribuire a una radicale inversione di rotta entro il 2030, ma in tempo per aiutarci a fare il punto della situazione quando ce ne sarà, con ogni probabilità, urgente bisogno.
Annalisa Gozzi