Antartide

Antarktikós, intervista a Valeria Castiello

Un percorso nell’estremo Sud attraverso lo sguardo di Valeria Castiello, che racconta l’Antartide per ciò che è: un territorio fragile, complesso e sorprendentemente vivo.

Testimonianze dal profondo Sud

Non sono molte le persone a poter dire di aver visitato l’estremo sud del pianeta, il “Continente Bianco”: l’Antartide. Non è per tutti, questo è certo, ma chi non può intraprendere il viaggio di una vita, può consolarsi con i racconti di chi c’è stato e ha potuto toccare con mano la straordinaria bellezza di queste terre remote ed incontaminate.

Tra le testimonianze del Profondo Sud c’è quella raccontata in “Antarktikós. Viaggio verso l’Antartide”, libro di Valeria Castiello, self-published, edito e impaginato da professioniste dell’editoria. È disponibile su Amazon in versione cartacea ed e-book.

Fotografa, guida e tour leader certificata, scrittrice di viaggio, laureata in architettura con focus ambientale, Valeria è un punto di riferimento per gli amanti delle mete polari, che possono leggere moltissime informazioni utili dal suo blog. Abbiamo voluto fare una chiacchierata con lei per sentire il suo racconto del viaggio ai confini del mondo.

Campeggio in Antartide senza tenda. Foto di Valeria Castiello

Racconti il Nord e il ‘Polo Nord’ dal 2014, quando ancora nessuno trattava questi viaggi in Italia: come mai nel libro hai scelto di parlare delle terre (e dei mari) del ‘Polo Sud’?

“Dieci anni fa un libro sul polo artico sarebbe stato recepito da un pubblico italiano come un libro sull’ultima frontiera; oggi non è più così, e il polo antartico ha preso il suo posto. Naturalmente si può parlare anche di mete molto note, condividendo una prospettiva e un vissuto unici, ma in questo testo ho potuto pure fornire un quadro generale, portando il lettore alla scoperta di mondi e storie pressoché sconosciuti. Dopo aver visitato e amato il Grande Nord, il Grande Sud diventa una naturale conseguenza e così è stato per me, dal 2018 ad oggi.”

Antarktikós” è un reportage, ricco di dettagli e di spaccati di vita reale, che si coniuga con un mix sapiente di storia e di scienza. Ideale per gli appassionati ma anche per chi non sa nulla di questi luoghi così remoti. In più è un libro illustrato (grazie all’uso di QR code) e questo rende intensa l’esperienza del lettore: ci racconti la scelta del titolo?

“Antartide deriva appunto dal greco “Antarktikós“, parola evocativa ed immediata anche per chi non ha fatto il classico. Indica una fredda massa sotto al mappamondo dai contorni labili: le destinazioni di cui parlo, infatti, non si limitano all’ultimo continente e alle sue isole, ma includono, bensì, anche la Terra del Fuoco, la Georgia Australe e le contese Falkland-Malvinas.”

Dal temibile canale di Drake, alle isole subantartiche, sino al vero e proprio continente, che è grande quasi una volta e mezza l’Europa. Quanto ti cambia un viaggio del genere?

“Io non credo che una meta, per quanto sconvolgente e lontana dall’ordinario, possa necessariamente cambiarti. Puoi andare in Antartide e rimanere nella tua bolla, come rimanere a casa e riuscire a superare i tuoi limiti. Tutto dipende dalla propria attitudine. Io ho cercato di vivere a pieno i luoghi glaciali che racconto nel libro, sia a livello esperienziale e sensoriale che sul piano culturale, assorbendo ogni stimolo e leggendo tutto lo scibile sul tema, ma avrei potuto anche limitarmi ad andarci ‘passivamente’.”

“Un’esperienza a cui non si poteva sfuggire, ma che capita a pochi viaggiatori laggiù, è la tempesta (o meglio, le tempeste…) con onde di 15 metri che racconto nel primo capitolo: o rimani traumatizzato o ne esci carico di nuove energie. Inoltre scopri aspetti di te che non conoscevi, legati anche alla gestione delle paure. Io ho scoperto che mi piace l’adrenalina e che sono meno fifona di quanto pensassi; inoltre ho consacrato la mia passione per gli esploratori di un tempo: dopo aver sperimentato (forse) l’infinitesima parte del loro vissuto, ho iniziato a vederli come dei sovrumani.”

Pinguini reali in Georgia del Sud. Foto di Valeria Castiello

La grande varietà di pinguini è un esempio di quanto, anche a quelle latitudini estreme, ci sia tanta vita. Più di quanto ci si potrebbe immaginare, no?

“I miei viaggi in Antartide – e quelli della stragrande maggioranza dei turisti – hanno luogo nella zona meno ostile del continente e durante l’estate, ossia nell’unica stagione in cui il mare è navigabile. In quei mesi, sulle coste della Penisola le temperature si aggirano attorno allo zero e si possono incontrare colonie di pinguini e fauna antartica in grande quantità. La situazione è ben diversa sul Plateau, inospitale persino per i batteri. Lì ci sono alcune basi scientifiche in cui si vive ai confini con la vita, specialmente durante i lunghi inverni.”

Le impronte dell’uomo si vedono sempre di più, anche in questi luoghi pressoché incontaminati, dove ci si sente cittadini del mondo, visto che l’Antartide non ricade nella sovranità di alcuno Stato. C’è il rischio che l’umanità possa compromettere o addirittura perdere questo tesoro naturale?

“Paradossalmente vedo un futuro più roseo per la subantartica Georgia del Sud – controllata dal Regno Unito – che per l’Antartide in senso stretto. Come racconto nel capitolo “Un’utopia riuscita”, dedicato alla South Georgia, il governo sta facendo un lavoro encomiabile per proteggerla e la tutela della wildlife e dell’ecosistema si sta rivelando davvero efficace. La situazione è più delicata relativamente al Continente Bianco e alle isole oltre il 60° parallelo Sud, sotto l’ala protettrice del Trattato Antartico.”

Pinguini in Georgia del Sud.

“È difficile monitorare quelle acque e ciò favorisce la pesca illegale; per quanto riguarda i territori in senso stretto, stiamo riuscendo ad utilizzare l’Antartide come patrimonio globale al servizio della conoscenza. Ma questa tregua è valida solo fino al 2048, quando il Trattato potrà essere rimesso in discussione: al momento risulta davvero difficile sfruttare le risorse antartiche per via dell’inaccessibilità logistica, tra 25-30 anni la situazione potrebbe essere ben diversa e risvegliare gli appetiti di diversi Paesi, come sta già accadendo all’altro polo.”

Tu stessa hai notato i ghiacciai arretrare, in alcune zone, tra l’uno e l’altro viaggio. Temi gli effetti del cambiamento climatico?

“Il riscaldamento globale si tocca con mano; naturalmente non sono le mie visite occasionali a dirlo e a far statistica, ma i dati scientifici. Lo temo per il continente antartico fino alla nostra Italia. Il mondo è sempre più interconnesso, l’emergenza climatica riguarda tutti e ha conseguenze su ogni aspetto della nostra società: non possiamo più far finta che non esista. Indipendentemente dal colore politico e dal livello d’istruzione, credo che, come esseri umani, abbiamo la necessità e il desiderio condiviso di abitare in un pianeta dall’aria respirabile e dalle temperature compatibili con la vita.”

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

“Intanto vorrei portare il mio libro “Antarktikós. Viaggio verso l’Antartide” nelle principali città italiane. Ci ho lavorato un anno e mezzo e racchiude un decennio di ricerche e di esperienze polari. Dopodiché, non mancheranno esplorazioni in posti con bellezza da assorbire e storie da raccontare, non necessariamente artici e antartici!”.

Alberto Muzzi

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Alberto Muzzi

Avvocato, laureato in Diritto Commerciale Internazionale all’Università di Firenze. Appassionato di viaggi e di scrittura, sono autore del romanzo "L'ultimo continente. Il Protocollo" (Edizioni Clandestine, 2024) che tratta tematiche ambientali e geopolitiche legate al destino dell'Antartide.

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