Norvegia

Storia di Jan Mayen, l’isola in mezzo al nulla

Situata nel Mar Glaciale Artico tra la Groenlandia e la Norvegia, l’isola di Jan Mayen è difficile da raggiungere, ma coloro che intraprendono il viaggio vengono ricompensati da un paesaggio surreale. 

Ai confini del mondo

Jan Mayen è un’isola in mezzo al nulla: dista 460 chilometri dalla Groenlandia, 560 dall’Islanda e 950 dalla sua madrepatria, la Norvegia. 377 chilometri quadrati, più o meno l’estensione del Lago di Garda, Jan Mayen è senza dubbio uno dei luoghi più remoti e inospitali del Pianeta, ma anche un’isola dal fascino insuperabile e dai paesaggi extraterrestri, grazie alla sua natura vulcanica.

Visuale aerea su Jan Mayen e il vulcano Beerenberg (foto: www.jan.mayen.no)

Lo scenario che Jan Mayen regala ai suoi intrepidi visitatori è infatti quello dei più impressionanti spettacoli della natura: spiagge di sabbia nera, coni di cenere, colate di lava e scogliere taglienti. Sullo sfondo, Beerenberg, il vulcano ancora attivo dell’isola nonché vulcano più settentrionale al mondo, che si staglia a 2.277 metri sul livello del mare.

Gli avventurosi escursionisti che si spingono sino a Jan Mayen trovano ad attenderli un paesaggio lunare (foto: flickr.com/ Richard Smith)

La posizione remota e la difficoltà estrema a raggiungerla, per via delle correnti e delle sue coste impervie, ha contribuito a rendere Jan Mayen una frontiera delle esplorazioni artiche. 

Dalla porta dell’inferno alla caccia alla balena

La storia antica di Jan Mayen è piuttosto oscura. Alcuni storici ritengono che un monaco irlandese, San Brendano, noto come Brendano il Navigatore, fosse arrivato vicino a Jan Mayen all’inizio del VI secolo. Secondo l’opera anonima altomedievale La Navigazione di San Brendano, egli tornò da uno dei suoi viaggi e riferì di essere stato vicino a un’isola nera, che era in fiamme, e che nella zona si sentiva un rumore terribile: pensò di aver trovato l’ingresso per l’inferno

Il video mostra delle spettacolari immagini della natura di Jan Mayen

Gli storici hanno ragione di ritenere che in tempi antichi anche i marinai vichinghi conoscessero l’isola, ma non si può confermare. Niente meno che il famoso Henry Hudson potrebbe invece aver scoperto l’isola nel 1608, ma il primo avvistamento confermato fu fatto nel 1614 dall’inglese John Clarke. Clarke fu presto seguito dai balenieri che iniziarono a sfruttare i mari artici nel XVII secolo. Olandesi e inglesi navigarono nella zona alla ricerca di nuovi terreni di caccia. L’isola prende infatti il nome dall’olandese Jan Jacobs May van Schellinkhout che visitò l’isola nel 1614. Il suo primo ufficiale fece alcune mappature della costa, e battezzò l’isola Jan Mayen.

I balenieri olandesi installarono diverse caldaie da cui estraevano l’olio dal grasso delle balene. Quando la caccia era al suo apice, più di 1000 uomini risiedevano sull’isola durante i mesi estivi, costruendo anche fortificazioni per proteggere le loro basi dai saccheggi. Non a caso, alcuni anni fa furono rinvenuti due grossi cannoni nella zona in cui si trovava la principale stazione baleniera.

Illustrazione storica della caccia alla balena a Jan Mayen

Ma la corsa all’olio durò poco. A causa delle intense attività di caccia, la balena groenlandese quasi scomparve e la caccia alle balene vicino a Jan Mayen terminò tra il 1640 e il 1650. Per i successivi 230 anni solo poche navi visitarono l’isola, che rimase disabitata.

L’avvento della scienza e una nuova stagione di caccia

Finita  la caccia alle balene, Jan Mayen fu dimenticata fino a quando un gruppo di scienziati austriaci si diresse verso l’isola durante il Primo Anno Polare Internazionale nel 1882-82. Gli austriaci stabilirono una stazione e furono i primi a svernare con successo sull’isola. L’intera spedizione ebbe un discreto successo, “solo” un marinaio della nave da trasporto morì di tubercolosi e fu sepolto sul posto vicino alla stazione. La sua tomba è ancora lì. L’equipaggio tornò a casa ricco di dati nell’ambito della programma internazionale svolto nell’Artico e con un’accurata mappatura dell’isola, che rimase in uso fino agli anni ’50 del secolo scorso.

Mappa di Jan Mayen realizzata dal leggendario cartografo olandese Joan Bleau

I cacciatori norvegesi scoprirono poi Jan Mayen all’inizio del XX secolo come un ricco terreno di caccia per la volpe artica. Il primo svernamento di quel periodo avvenne nel 1906-07 e inizialmente fu un successo: i cacciatori potevano salire a bordo di una piccola nave che li riportava a casa dopo la stagione. 

Ma un disastro li colpì vicino all’Islanda, quando la nave affondò e morirono tutti tranne il macchinista. Numerosi gruppi di caccia svernarono negli anni successivi, alcuni di loro tornarono a casa con catture record di volpe polare, tra cui un’alta percentuale della rara varietà chiamata Volpe blu, che ha una pelliccia più scura e preziosa

Una giovane volpe artica fotografata alle Svalbard (foto: flickr.com/Jussi Tovainen)

Sfortunatamente, anche la popolazione locale di volpi non riuscì a sostenere la pressione della caccia e presto crollò. Inoltre, l’isola sterile e le condizioni di vita sfavorevoli fecero sì che la caccia finisse negli anni ’20. La volpe polare è ancora localmente estinta a Jan Mayen, e si può solo sperare che un giorno ritorni sull’isola con i ghiacci alla deriva della Groenlandia orientale.

L’annessione alla Norvegia e la guerra

L’attività ufficiale norvegese su Jan Mayen è continua dal 1921, quando fu istituita la prima stazione meteorologica sull’isola. Con il regio decreto dell’8 maggio 1929 Jan Mayen fu posta sotto la sovranità norvegese e con la legge del 27 febbraio 1930 l’isola fu dichiarata parte del Regno di Norvegia. I bollettini meteorologici di Jan Mayen sono tuttora importanti per le previsioni meteorologiche in Norvegia e nel Mar di Norvegia.

Jan Mayen non fu occupata durante la seconda guerra mondiale. Nel 1940 l’equipaggio bruciò la stazione e lasciò l’isola, ma nel 1941 i norvegesi tornarono sull’isola con alcuni soldati. Ristabilirono la stazione meteorologica , che rimase in funzione durante tutti gli anni della guerra nonostante i frequenti attacchi aerei da parte dei tedeschi. 

Atlantic City era una base militare americana su Jan Mayen durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa immagine è stata scattata nel 1946 o 1947 da Odd Gjeruldsen. È appeso al muro della stazione meteorologica di Jan Mayen. Foto: Odd Gjeruldsen

Durante la guerra due aerei tedeschi si schiantarono sull’isola. Nel 1942 un bombardiere quadrimotore con 9 membri dell’equipaggio colpì una montagna vicino alla guarnigione norvegese. Dopo la guerra, nel 1950, un gruppo di geologi britannici trovò il relitto di un altro aereo tedesco con 4 membri dell’equipaggio sul lato sud-ovest dell’isola.

Nel 1943 agli americani fu permesso di installare una stazione di radiolocalizzazione sull’isola. Fu costruita sul lato nord e la chiamarono Atlantic City. Il compito principale della stazione era localizzare le stazioni meteorologiche e radiofoniche segrete tedesche in Groenlandia.

Climi freddi, guerra fredda

Dopo la guerra, l’Istituto meteorologico norvegese utilizzò Atlantic City come stazione fino al 1949, quando la nuova stazione fu costruita su un’altura sopra Atlantic City.

Nel periodo 1945 – 59 l’unica attività sull’isola erano le osservazioni meteorologiche, integrate dai radiosondaggi. Si tratta di palloni aerostatici che vengono spediti ad un’altitudine di 25 – 30 km portando con sé un pacchetto di strumenti di misurazione e un piccolo radiotrasmettitore che riporta informazioni su temperatura, pressione e umidità dell’aria insieme a informazioni sulla velocità e direzione del vento.

La stazione meteorologica di Olonkinbyen

La nuova stazione era inoltre attrezzata e incaricata di gestire una stazione radio costiera. Manteneva i contatti con le navi della zona e trasmetteva messaggi alle stazioni sulla terraferma. Inoltre, vigilava costantemente per eventuali segnali di soccorso nella zona. Nel corso degli anni Jan Mayen Radio ha avuto grande importanza per la sicurezza e il benessere delle navi da pesca e da caccia alle foche.

Nel 1959 arrivò una nuova era per Jan Mayen. La NATO decise di costruire un sistema di radionavigazione chiamato LORAN, che sta per «Long Range Navigation». Jan Mayen è stata scelta come uno dei siti di trasmissione funzionanti insieme a trasmettitori sulla terraferma norvegese, in Germania, nelle Isole Faroe e in Islanda.

Tutti i macchinari, i materiali da costruzione e le attrezzature per la nuova stazione furono trasportati via nave, tramite piccole imbarcazioni e zattere, spesso con mare agitato, poiché Jan Mayen non ha un porto. La nuova stazione fu chiamata Olonkin City, dal nome di uno dei veri veterani di Jan Mayen. Nel 1960 fu installato un trasmettitore LORAN aggiuntivo. Ciò richiese ulteriori lavori di costruzione e in quel periodo fu costruita una piccola pista di atterraggio per gli aerei. 

Da allora, la maggior parte dei trasporti verso l’isola sono stati effettuati con aerei. Nel 1962 la stazione meteorologica si trasferì nuovamente in un sito vicino alla pista di atterraggio. In quegli anni l’equipaggio della stazione contava fino a 40 uomini, numero che si è progressivamente dimezzato. Nel 1985, il Beerenberg, il maestoso vulcano che domina l’isola, è eruttato nuovamente.

Jan Mayen oggi: lo scoglio che argina il mare (glaciale artico)

L’equipaggio attuale che stanzia a Jan Mayen è composto da 18 persone, che gestiscono le stazioni e si occupano della manutenzione delle infrastrutture: edifici, strade, pista di atterraggio, centrale elettrica. Ufficialmente, l’isola ha quindi una funzione puramente scientifica e di assistenza alla navigazione nelle acque circostanti. Non ci sono insediamenti civili, ma si può visitare attraverso viaggi organizzati e inviando una richiesta formale.

Vale la pena però notare come le crescenti tensioni nell’Artico potrebbero portare Jan Mayen al centro dell’attenzione nel gioco delle grandi potenze. Nel 2019, Un C-130J della U.S. Air Force è atterrato sull’isola: all’apparenza un’operazione di routine fra alleati, in realtà un segnale che il quadrante artico è tornato prioritario per gli americani. Scriveva ormai più di 4 anni fa Federico Petroni su Limes “Jan Mayen è fra le basi impiegabili all’occorrenza. È nella disponibilità strategica di Washington. O, meglio, ci torna.” E questo era prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.

Mappa di Laura Canali (fonte: www.limesonline.com)

Oggi, la Russia non è più un orso dormiente e le minacce con i vicini-nemici norvegesi sono ormai quotidiane, così come le attività della Flotta del Nord di stanza a Murmansk. La necessità di contenimento della Russia è tornata prioritaria in questo quadrante  del mondo, e l’allargamento della NATO a Svezia e Finlandia certifica l’avvento dell’Artico come terreno di scontro, per ora non apertamente violento, fra Russia e occidente. E così, la piccola e isolata Jan Mayen, l’isola in mezzo al nulla, potrebbe tornare al centro della scacchiera.

Enrico Peschiera

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Enrico Peschiera

Genovese e genoano, sono laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Maastricht. Oggi mi occupo di comunicazione aziendale e scrivo di geopolitica, logistica e portualità.

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