Danimarca

Le scuse di Mette Frederiksen alle donne groenlandesi

Con le scuse del Primo Ministro danese Mette Frederiksen a Nuuk, la Danimarca riconosce un capitolo doloroso della sua storia e apre un percorso di memoria e giustizia verso la Groenlandia.

Lacrime di riconciliazione

La premier danese Mette Frederiksen ha chiesto scusa di persona alle donne groenlandesi vittime, tra il 1966 e il 1991, di una pratica sistematica di applicazione forzata di dispositivi intrauterini (IUD).

Un gesto che ha un forte significato simbolico nel contesto delle relazioni tra Danimarca e Groenlandia e riporta alla luce un capitolo doloroso e a lungo rimosso, aprendo interrogativi di memoria, giustizia e pari dignità.

Ferite coloniali

Durante una cerimonia ufficiale a Nuuk, Frederiksen – vestita di nero – si è rivolta direttamente alle donne coinvolte, dicendo che non si può costruire un rapporto paritario senza affrontare i capitoli più oscuri del passato”.

Dalla pagina Facebook di Mette Frederiksen

Le scuse pubbliche giungono dopo anni di aspre polemiche sulla gestione danese nei confronti della grande isola artica e dei suoi abitanti indigeni, gli Inuit. Indagini giornalistiche e istituzionali hanno mostrato che, negli anni in cui la Danimarca gestiva la sanità pubblica groenlandese, migliaia di ragazze e donne, alcune appena dodicenni, furono sottoposte senza consenso all’impianto di dispositivi intrauterini.

Si stima che entro la fine degli anni ’70 circa 4.070 donne fossero state dotate di IUD (quasi metà della popolazione femminile in età fertile). Alcune fonti parlano anche di cifre fino a 4.500. Molte di queste donne hanno denunciato dolori cronici, infezioni gravi e conseguente infertilità dopo la rimozione.

Anche il primo ministro groenlandese Jens-Frederik Nielsen ha preso la parola, affermando che “ricevere le scuse non significa che accettiamo ciò che è accaduto, ma apre lo spazio per elaborare un trauma condiviso”. Tra le testimonianze, quella di Naja Lyberth — cui fu applicato l’IUD a 14 anni — che ha affermato: “lo Stato ha ora enfatizzato che siamo anime eguali all’interno del regno danese”.

La premier danese (dx) con alcune donne groenlandesi fra cui Naja Lyberth (al centro). Dalla pagina Facebook di Mette Frederiksen.

Memoria e giustizia

L’episodio mette in luce l’eredità del rapporto coloniale tra Copenaghen e Nuuk. Sebbene la Groenlandia goda oggi di ampia autonomia, le politiche in sanità e istruzione furono per decenni decise centralmente in Danimarca, spesso senza consultazione locale.

Le scuse di Mette Frederiksen quindi non sono solo un atto formale, ma un riconoscimento delle responsabilità che derivano da pratiche paternalistiche e coercitive imposte alle popolazioni indigene.

Ma le vittime e le associazioni che le difendono chiedono che le parole siano seguite da misure concrete: programmi di supporto medico e psicologico, compensazioni finanziarie e apertura degli archivi per far luce sulle responsabilità politiche e istituzionali.

Mette Frederiksen passeggia fianco a fianco con il Primo Ministro delle Groenlandia Jens-Frederik Nielsen. Dalla pagina Facebook di Mette Frederiksen

Questo caso rimette al centro la questione del consenso in ambito medico e i rischi di pratiche imposte in nome del controllo sociale o demografico.

Sfide future e possibili scenari

Il percorso verso una riconciliazione effettiva sarà lungo e complesso. All’interno della società groenlandese convivono sensibilità differenti: chi chiede risarcimenti, chi vuole un chiarimento storico pieno e chi vede nelle scuse un primo passo verso una maggiore autodeterminazione.

Il gesto della premier Frederiksen non è certamente solo simbolico, bensì un richiamo urgente a ripensare le relazioni di potere tra Danimarca e Groenlandia e, più in generale, tra Stato e società indigene. Riconoscere il passato significa assumersi l’onere di trasformarlo in azioni concrete: verità storica, risarcimenti, tutela dei diritti. Solo così le parole potranno trasformarsi in fiducia.

Dalla pagina Facebook di Mette Frederiksen

D’altra parte, la mano tesa della Danimarca alla Groenlandia giunge in un momento di alta tensione sollevata dalle mire di Donald Trump, che a più riprese ha espresso neanche troppo velatamente il proprio interesse verso la grande isola artica. L’effetto sembra al momento aver sortito l’effetto opposto: un riavvicinamento fra Copenhagen e Nuuk, suggellato da un accordo di investimento di oltre 200 milioni di euro siglato pochi giorni fa.

Insomma, in un Artico conteso da interessi strategici, dove le rivendicazioni identitarie si intrecciano con la geopolitica (e su questo la Groenlandia è un caso studio), la memoria non può essere una formula vuota. Le scuse danesi, in questo senso, dovrebbero rappresentare il punto di avvio di un cammino verso una giustizia condivisa e un futuro in cui la voce della Groenlandia sia pienamente ascoltata.

Isabella Basile

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Isabella Basile

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Genova, sto proseguendo i miei studi con una magistrale in Security and International Relations. La mia tesi triennale era incentrata sulla “Corsa all’Artico”, un tema che continua ad affascinarmi e coinvolgermi profondamente.

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