Tromsø, agosto 2024 © Osservatorio Artico
Il mese di agosto 2025 ha confermato l’accelerazione climatica prevista dai centri di studio e dagli osservatori scientifici internazionali.
Agosto 2025 si è imposto come un nuovo campanello d’allarme sul fronte del riscaldamento globale. Secondo i dati diffusi dal Copernicus Climate Change Service (C3S), il mese appena trascorso è stato il terzo agosto più caldo mai registrato a livello globale, un risultato che conferma il ritmo crescente del riscaldamento e che mette in luce, in particolare, la vulnerabilità dell’Europa e della regione artica.
La temperatura media globale dell’aria superficiale ha raggiunto i 16,60 gradi Celsius, con un’anomalia di quasi mezzo grado rispetto alla media del periodo 1991-2020 e un aumento di 1,29 gradi rispetto all’epoca preindustriale. Anche le temperature superficiali oceaniche hanno segnato valori eccezionali: oltre il 70% delle acque tra i 60°N e i 60°S ha registrato valori superiori alla media, con il 12% che ha superato di almeno un grado le soglie climatiche storiche.
Se il riscaldamento è evidente ovunque, l’Europa e l’Artico si distinguono per una velocità di aumento superiore alla media globale. In particolare, la regione artica manifesta in modo sempre più chiaro il fenomeno della cosiddetta “amplificazione artica”, un insieme di processi che rende il territorio polare più sensibile alle variazioni climatiche. Lo scioglimento del ghiaccio e della neve, la riduzione dell’albedo e i cambiamenti nella stratificazione tra oceano e atmosfera contribuiscono ad accelerare ulteriormente il riscaldamento.
Nell’Artico europeo, fenomeni come la “atlantificazione” stanno già trasformando gli equilibri marini. Le acque più calde e salate dell’Atlantico penetrano sempre più a nord, nelle zone un tempo dominate da acque fredde e dolci. Questo cambiamento modifica la stratificazione delle masse d’acqua, condiziona la formazione dei ghiacci e altera la circolazione verticale e la distribuzione del calore. Le conseguenze si riflettono non solo sulla dinamica degli ecosistemi locali, ma anche su processi climatici di scala globale.
In Europa, le ondate di calore estive sono diventate più frequenti e persistenti, con conseguenze gravi per la salute, l’agricoltura, l’approvvigionamento idrico e i sistemi energetici. Nel nord, la riduzione del ghiaccio marino e del manto nevoso sta accelerando l’erosione costiera, minaccia la biodiversità e contribuisce a cambiamenti che possono influenzare i regimi atmosferici anche a latitudini lontane.
Agosto 2025, insomma, non è stato un’anomalia isolata, ma l’ennesima conferma di una tendenza che si consolida: il riscaldamento globale non colpisce tutte le regioni nello stesso modo. L’Europa e l’Artico stanno pagando un prezzo più alto, diventando laboratori naturali di ciò che potrebbe attendere altre parti del mondo nei prossimi decenni.
Le implicazioni sono profonde. Le strategie di mitigazione, ovvero la riduzione delle emissioni di gas serra, restano centrali. Ma i dati diffusi da Copernicus mostrano che l’adattamento è ormai un’urgenza non rinviabile. Costruire resilienza, rafforzare le infrastrutture, ripensare la gestione delle risorse e proteggere gli ecosistemi vulnerabili non è più un’opzione, ma una necessità.
Leonardo Parigi
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