Dopo un lungo processo di riconoscimento, la Danimarca risarcità le donne groenlandesi vittime della campagna di controllo delle nascite.
Per decenni è rimasta una vicenda sommersa, raccontata a bassa voce e raramente ascoltata. Ora, per la prima volta, lo Stato danese riconosce formalmente una responsabilità storica e penale nei confronti di migliaia di donne groenlandesi sottoposte, tra gli anni Sessanta e l’inizio dei Novanta, a pratiche di controllo delle nascite senza consenso.
Il governo di Copenhagen ha annunciato di aver raggiunto un accordo parlamentare per l’istituzione di un fondo di compensazione individuale destinato alle vittime della campagna di inserimento forzato di dispositivi intrauterini, avvenuta quando la Groenlandia era ancora fortemente subordinata all’amministrazione danese in ambito sanitario e sociale. Le donne che risulteranno idonee riceveranno un risarcimento di 300.000 corone danesi ciascuna, pari a circa 46.700 dollari.
La vicenda è emersa pubblicamente nel 2022, quando l’analisi di archivi sanitari ha rivelato che migliaia di ragazze e giovani donne – alcune di appena tredici anni – erano state sottoposte all’inserimento di spirali anticoncezionali senza essere informate o senza aver espresso un consenso consapevole. I casi documentati coprono un arco temporale che va dal 1966 al 1991, anno in cui la Groenlandia ottenne il controllo del proprio sistema sanitario.
Per molte delle donne coinvolte, la pratica ha avuto conseguenze fisiche, psicologiche e sociali durature. Al centro della questione non vi è solo la violazione dell’autodeterminazione riproduttiva, ma anche un rapporto di potere coloniale che ha segnato profondamente la storia recente dell’isola artica.
Aaja Chemnitz, parlamentare groenlandese al Folketing danese, ha definito l’accordo un passaggio atteso da anni: “Finalmente le donne stanno ottenendo il risarcimento per cui abbiamo lottato così a lungo”, ha scritto, sottolineando il valore simbolico del riconoscimento, oltre a quello materiale.
Secondo quanto comunicato dal ministero della Salute danese, potranno presentare domanda le donne che, durante il periodo considerato, vivevano in Groenlandia oppure frequentavano collegi in Danimarca. Sarà necessario fornire elementi a sostegno del proprio racconto, un passaggio che molte associazioni di vittime guardano con attenzione, temendo che l’onere della prova possa diventare un nuovo ostacolo.
Nel commentare l’accordo, la prima ministra Mette Frederiksen ha parlato esplicitamente di una responsabilità politica e morale. «Per troppo tempo abbiamo voltato lo sguardo di fronte all’ingiustizia commessa. Non possiamo cambiare ciò che è accaduto, ma possiamo assumerci le nostre responsabilità», ha dichiarato. Già lo scorso settembre Frederiksen aveva incontrato alcune delle vittime, porgendo loro delle scuse ufficiali di persona.
Questo passo si inserisce in un contesto più ampio di revisione critica del rapporto tra Danimarca e Groenlandia, emerso con forza negli ultimi anni. Oltre alla questione delle spirali, sono riaffiorati altri episodi legati a politiche assimilazioniste, sperimentazioni mediche e decisioni prese senza il coinvolgimento delle comunità locali. Temi che oggi assumono un peso ancora maggiore alla luce del rinnovato interesse geopolitico per l’isola artica.
Non è infatti un caso che l’accelerazione di questi processi di riconciliazione coincida con una fase di forte esposizione internazionale della Groenlandia. Le dichiarazioni dell’ex presidente statunitense Donald Trump sull’ipotesi di un controllo americano dell’isola hanno riportato al centro del dibattito il valore strategico, economico e simbolico di questo territorio. Alla luce di questo, Copenhagen appare sempre più consapevole della necessità di ricostruire un rapporto di fiducia con Nuuk, anche affrontando le pagine più scomode del proprio passato.
Il riconoscimento delle responsabilità storiche assume un significato che va oltre la dimensione morale. È anche un atto politico, che incide direttamente sulla credibilità della Danimarca come interlocutore e sulla possibilità di costruire un rapporto più equilibrato con una Groenlandia sempre più consapevole del proprio peso strategico.
Più che un punto di arrivo, questa decisione segna l’inizio di un percorso ancora incompleto. Un percorso che interroga non solo la Danimarca, ma l’intera storia della governance artica, segnata da pagine oscure di violenza coloniale di cui questa vicenda è un cristallino esempio.
Enrico Peschiera
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