Foto © Osservatorio Artico
Dalla love story tra Russia e Cina alle nuove rotte polari, l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone racconta la visione dell’Alleanza Atlantica per il Grande Nord: “Trasparenza, equilibrio e dialogo sono la nostra forza”. Un’intervista esclusiva di Osservatorio Artico.
Ogni anno, nel contesto dell’Arctic Circle, il forum internazionale che ogni anno riunisce governi, ricercatori e istituzioni per discutere il futuro del Grande Nord, uno dei momenti più attesi è l’intervento del Presidente del Comitato Militare della NATO. Al termine della tre giorni di dibattiti e confronti sulla regione più settentrionale, l’appuntamento definisce tradizionalmente la posizione dell’Alleanza sulle questioni strategiche del Nord.
Fino allo scorso anno a prendere la parola era stato l’Ammiraglio olandese Rob Bauer, divenuto celebre per la tagliente trasparenza con cui aveva ufficialmente definito come “conclusa” quella fase di relativa cooperazione nota come “eccezionalismo artico“, che vedeva la regione come un’oasi di bassa tensione fra le grandi potenze. Quello del 18 ottobre scorso è stato invece il primo intervento pubblico dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone in questo ruolo, che ha assunto dal gennaio di quest’anno. L’Ammiraglio aveva ricoperto, dal novembre 2021 all’ottobre 2024, il ruolo di Capo di Stato Maggiore della Difesa, per poi acquisire un ruolo che di fatto rappresenta l’ufficiale militare di grado più alto all’interno dell’Alleanza nonché il suo portavoce per tutte le questioni di rilevanza militare.
Poco prima del suo intervento in plenaria, l’Ammiraglio ha concesso a Osservatorio Artico una breve intervista esclusiva all’interno di una sala del Harpa Conference Hall, il magnifico centro congressi che ospita ogni anno questo consesso. Ne è emerso un dialogo diretto e denso di contenuti, tra riflessioni sulle tensioni emergenti e osservazioni concrete sulle nuove rotte e sulle prospettive italiane in una regione destinata a cambiare gli equilibri globali.
“Io credo che questo agire faccia parte di un disegno più ampio che coinvolge tutta l’Alleanza. Diciamo che questa assertività non è altro che benefica: ovviamente gli Stati Uniti sono gli stakeholder principali della NATO, quindi sicuramente ci sarà un effetto di trascinamento anche per gli altri”.
“Lo dico anche perché questa frontiera è decisamente nuova, è in sviluppo, ha moltissime potenzialità e tanti presupposti per confronti piuttosto accesi. Invece tali confronti dovrebbero essere mantenuti a un livello di accettabilità che consenta ancora un dialogo e la possibilità, in maniera secondo me ottimale, di sfruttare le potenzialità e la capacità di crescita che ha questa area”.
“Credo che questo consesso, per come è stato strutturato questo evento, sia decisamente positivo. Da quello che ho visto c’è confronto aperto, chiunque può accedere alle discussioni, chiunque può dire la sua e metterci in condizioni anche a noi di spiegarci meglio”.
“Tante volte diamo tante cose per scontate, perché ne parliamo da tanto, perché sono oggetto delle nostre riunioni, discussioni, piani, esercitazioni. Invece è giusto che sia accessibile anche alla maggior parte della popolazione, in totale trasparenza e tranquillità, perché non dobbiamo nascondere niente a nessuno”.
“Noi stiamo soltanto cercando di garantire un equilibrio, una pace, un rilassamento fra i giocatori che partecipano a questa partita in un’area particolarmente nuova, particolarmente attrattiva. Secondo me è veramente benefico che chiunque sappia quello che viene fatto: non c’è nulla da nascondere, è nell’interesse comune di tutti”.
“Se ci sarà – speriamo anche non tanto ipoteticamente – un’area bilanciata, in cui ci sia la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità in maniera equilibrata da parte di chiunque sia interessato e di metterle a beneficio comune, ben venga. Tutto sta nel mantenere i livelli di competitività sotto una certa soglia, in modo tale che ci sia la migliore ottimizzazione della disponibilità”.
“Si ridisegneranno probabilmente gli equilibri economici del pianeta. Quando troviamo una nuova rotta che comporta un risparmio enorme, ci sono in ballo cifre che non si ha nemmeno idea di quanto siano grandi”.
“Risparmio, ottimizzazione, frequenze, possibilità di carico maggiori: si apriranno nuovi orizzonti, come si sono aperti ogni volta che abbiamo scoperto nuove rotte che hanno riorientato tutti gli equilibri rimasti stabili fino ad allora. Non si può certo prevedere che ciò non avvenga. Ciò avverrà: è un dato di fatto, un percorso che andrà in una certa direzione, e non c’è possibilità di fermarlo”.
“Io direi di no. Come tutti i cambi, vanno orientati, interpretati e vissuti come occasioni. E secondo me ci saranno occasioni anche per il nostro Paese in questo senso”.
“Non dobbiamo essere un rimorchio, dobbiamo essere attivi. Mi ricordo che quando ero ancora in Italia si parlava di Artico, certo, ma a fronte dei problemi che ci sono attualmente aveva una priorità relativa. Posso capire che i problemi da affrontare siano ancora molti, ma bisognerebbe cercare, per quanto possibile nell’ambito dell’economia generale, di non essere fanalino di coda. Non lo siamo mai stati, del resto”.
“Occorre essere comunque attivi, guardando lontano, perché è una cosa che darà grossi dividendi più avanti. Secondo me dobbiamo esserci. Non mollare questa scacchiera secondo me è fondamentale”.
Dopo il nostro breve colloquio, nel suo intervento alla sessione plenaria dell’Arctic Circle, l’Ammiraglio Cavo Dragone ha chiarito la posizione dell’Alleanza: “La nostra missione nel Grande Nord è impedire che altri militarizzino la regione, garantire la stabilità, la libertà di navigazione e assicurare che l’Artico resti governato dal diritto internazionale, non dalla legge del più forte”.
L’Ammiraglio ha descritto un’area attraversata da nuove ambizioni geopolitiche, in cui gli effetti della guerra in Ucraina si estendono fino all’estremo Nord e la competizione per risorse e rotte è sempre più evidente. “La Russia ricostruisce basi, schiera armi avanzate, amplia la sua flotta nucleare e rompighiaccio, la più grande al mondo, mentre la Cina porta capitale, tecnologia e ambizione globale, investendo in porti, energia e ricerca scientifica lungo la cosiddetta Polar Silk Road.”
Poi, davanti alla platea gremita dell’Harpa Conference Hall, ha pronunciato la frase che ha sintetizzato l’intero discorso: “Insieme, Russia e Cina mirano a riscrivere le regole di accesso e influenza a loro vantaggio, mettendo in discussione apertura, equità e stato di diritto”. Secondo Cavo Dragone, i due Paesi stanno forgiando “una partnership di convenienza” nell’Alto Nord — “un’alleanza di necessità, più che di convinzione“.
Con un tocco d’ironia ma con un messaggio preciso, l’Ammiraglio ha quindi descritto il rapporto tra Russia e Cina: “La Russia considera questa relazione come un matrimonio, mentre la Cina la vive come una storia d’amore (“a love affair”, ndr). E, come ogni amore, prima o poi finirà. E quando accadrà, non sarà una separazione indolore”.
Pechino, ha spiegato, guarda con crescente interesse non tanto alla rotta costiera controllata da Mosca – la Northern Sea Route – quanto alla Transpolar Route, la via diretta attraverso il Polo Nord che, con lo scioglimento dei ghiacci, potrebbe diventare la principale arteria commerciale tra Asia ed Europa. “I cinesi non vogliono dipendere dalla Russia”, ha osservato, “e il loro sguardo è rivolto al lungo periodo”.
Cavo Dragone ha concluso il suo intervento con una riflessione che è insieme monito e auspicio: “L’Artico nel 2025 è a un bivio. Può diventare una nuova corsa all’oro, una zona di rivalità e conflitto, oppure uno spazio dove le nazioni dimostrano che la cooperazione è più forte della contrapposizione, che la sicurezza può convivere con la sostenibilità”.
Nel suo discorso e nel successivo dialogo con Ólafur Ragnar Grímsson, fondatore di Arctic Circle e per vent’anni Premier islandese, nonostante le espressioni a tratti anche dure e “senza fronzoli” nei confronti di Russia e Cina, ha sottolineato l’importanza di mantenere aperti i canali di cooperazione internazionale, anche in tempi di tensione, e di ascoltare la voce di chi nell’Artico vive e lavora.
“Se la competizione può definire l’Artico”, ha concluso, “solo la cooperazione può bilanciarlo”. Un concetto che ha ribadito nel successivo comunicato, di cui riportiamo la conclusione:
“L’Artico ha sempre messo alla prova la resistenza umana.
Oggi, mette alla prova la nostra saggezza politica.
Possiamo proteggere senza possedere?
Cooperare senza competere?
Ascoltare prima di agire?
Che la cooperazione sia il suono che il mondo ricorda dall’estremo Nord.”
Enrico Peschiera
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