Clima

Le profondità dell’Artico si stanno riscaldando

Le profondità dell’Oceano Artico si stanno riscaldando rapidamente a causa del calore proveniente dal Mare della Groenlandia, modificando la circolazione oceanica e minacciando ghiacci, ecosistemi e stabilità climatica globale.

Profondo Artico

Quando si legge di riscaldamento dell’Artico, la mente corre subito alla fusione del ghiaccio marino e ai cambiamenti nella circolazione atmosferica. Eppure, sotto la superficie gelida dell’oceano, sta avvenendo una trasformazione tanto silenziosa quanto importante, le acque più profonde del bacino artico stanno diventando sempre più calde. Non si tratta di un processo superficiale o legato al semplice aumento delle temperature atmosferiche, ma è una vicenda complessa che coinvolge dinamiche geofisiche, correnti profonde, barriere sottomarine e scambi di calore tra bacini che distano migliaia di chilometri.

Un nuovo studio pubblicato su Science Advances offre una delle analisi più approfondite mai realizzate su questo fenomeno, rivelando un protagonista inaspettato. Non è infatti il fondo oceanico l’unico protagonista a riscaldare l’Artico, ma anche e soprattutto una fonte di calore proveniente dalle profondità dell’Oceano Atlantico e del Mare della Groenlandia.

L’Artico quindi si sta riscaldando “dal basso”, con effetti che potrebbero cambiare radicalmente il futuro della circolazione oceanica e della stabilità dei ghiacci già in sofferenza da ormai molti anni.

Le barriere sottomarine

Le profondità dell’Oceano Artico non sono un ambiente uniforme, ma diviso in due grandi bacini: il Bacino Eurasiatico (EB), collegato all’Atlantico attraverso lo stretto di Fram; il Bacino Amerasiatico (AB), più isolato e separato dal precedente dalla dorsale di Lomonosov, una catena montuosa sottomarina che si erge fino a circa 1500 metri di profondità.

Questa configurazione crea due regimi termici distinti: l’EB, più esposto all’Atlantico, e l’AB, più chiuso e stagnante. L’equilibrio tra questi due è estremamente delicato e mantenuto da tre fattori principali: calore geotermico proveniente dal fondale; acque dense e fredde che scendono dalle piattaforme continentali artiche; scambi con il Mare della Groenlandia, dove storicamente si forma una delle acque profonde più fredde dell’intero emisfero. Il problema grave di questo fenomeno è che negli ultimi decenni questo equilibrio si è completamente spezzato.

Le analisi dei ricercatori mostrano infatti un dato sorprendente, tra i 2000 e i 2600 metri di profondità, il Bacino Eurasiatico si è riscaldato a una velocità di 0,020°C per decennio, più di cinque volte rispetto al Bacino Americano-Asiatico, che registra un più blando 0,003°C per decennio.

Si tratta di un cambiamento significativo per acque che, fino a poco tempo fa, venivano considerate quasi immobili e termicamente stabili. Gli autori scartano una delle ipotesi classiche, ovvero il calore geotermico, che pur contribuendo non basta a spiegare i diversi valori osservati. Nemmeno la sola discesa di acque dense dalle piattaforme artiche può giustificare la rapidità del riscaldamento nel bacino eurasiatico. Il modello numerico utilizzato per la ricerca mostra chiaramente che anche aumentando artificialmente la forza dei processi convettivi, non si arriva a replicare l’intensità del riscaldamento misurato, ma è necessaria un’altra fonte di calore.

Il ruolo decisivo del Mare della Groenlandia

Il Mare della Groenlandia gioca un ruolo chiave nella ventilazione profonda dell’Artico. Qui si formavano, fino a pochi decenni fa, acque estremamente fredde e dense capaci di scorrere verso l’Artico profondo attraverso lo stretto di Fram. Era una sorta di “aria condizionata” naturale del bacino Euroasiatico, ma proprio questo processo si sta ora interrompendo.

Il nuovo studio conferma che proprio il Mare della Groenlandia è uno dei punti di riscaldamento più rapidi del pianeta, tra il 1990 e il 2022 le sue acque profonde si sono scaldate fino a 0,103°C per decennio, un valore quattro volte superiore a quello del Bacino Eurasiatico allo stesso livello di profondità. Non solo, oggi le acque profonde groenlandesi hanno quasi eguagliato le temperature delle acque profonde eurasiatiche. Questo significa che non sono più abbastanza fredde da svolgere il loro tradizionale ruolo di raffreddamento dell’Artico, anzi diventano una fonte di calore.

Lo stretto di Fram è l’unico grande collegamento profondo tra Atlantico, Mare della Groenlandia e Artico eurasiatico. Le osservazioni mostrano che negli ultimi decenni una crescente quantità di calore fluisce dal Mar di Groenlandia verso il bacino euroasiatico. Gli autori, tramiti delle analisi effettuate sulle temperature marine, hanno ottenuto una conclusione inequivocabile: il calore entrante dal Mare della Groenlandia nel Bacino Eurasiatico tra il 1990 e il 2022 è pari a circa 2 ZJ (zettajoule), molto più dei 0,454 ZJ necessari per giustificare l’intero riscaldamento osservato tra 1500 e 2600 m.

Significa che la fonte primaria del riscaldamento profondo dell’Artico è l’Atlantico, non il fondale oceanico né i processi locali. Il tutto è reso possibile da condizioni di circolazione che si stanno rapidamente modificando, ovvero meno convezione profonda nel Mare della Groenlandia, maggiore ritenzione di calore e conseguente “trasbordo” verso il bacino artico.

La barriera invisibile della Lomonosov Ridge

Il Bacino Amerasiatico (AB) invece è molto meno influenzato da questi processi. La ragione sta nella sua geomorfologia sottomarina, la Lomonosov Ridge funge da diga naturale impedendo alle acque profonde provenienti dal bacino Euroasiatico e dal Mar di Groenlandia di diffondersi verso est.

Ne deriva un Artico profondo che si riscalda a due velocità: rapida nel Bacino Eurasiatico, direttamente connesso al flusso di calore atlantico; lenta nel Bacino Amerasiatico, più stagnante e dominato dal riscaldamento geotermico.

Questo squilibrio potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulla circolazione delle acque profonde di tutto l’Artico e, più in generale, sulle dinamiche del cosiddetto Artico Mediterraneo, la regione oceanica che comprende i mari nordici e il Mare della Groenlandia.

Groenlandia. Foto di Giulia Prior

Cosa comporta un Artico che si scalda dal basso?

Questo riscaldamento profondo ha implicazioni potenzialmente devastanti. Le acque più calde in profondità possono infatti erodere il ghiaccio marino “dal basso” e indebolire i ghiacciai che si affacciano sull’oceano, come quelli della Groenlandia e delle isole artiche russe. La stratificazione diversa può poi modificare la circolazione verticale e influenzare la biodiversità, specialmente nelle regioni dove la vita dipende da nutrienti che provengono proprio dalle acque profonde.

Inoltre, il Mare della Groenlandia è uno dei principali “motori” della circolazione oceanica globale, se dovesse continuare a perdere la capacità di generare acque fredde e dense, una parte dell’AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation) potrebbe indebolirsi ulteriormente. Infine, essendo l’Artico già la regione che si riscalda più rapidamente in superficie, l’aggiunta di un riscaldamento profondo causa un nuovo e aumentato livello di stress, meno visibile ma altrettanto importante.

Lo studio recentemente pubblicato mostra quindi un Artico più dinamico e vulnerabile di quanto si pensasse, in cui il riscaldamento non è solo un fenomeno superficiale o atmosferico, ma coinvolge anche il cuore dell’oceano, modificando processi che per millenni erano rimasti relativamente stabili. Comprendere questi meccanismi nel più breve tempo possibile diventerà essenziale per prevedere l’evoluzione del ghiaccio marino, interpretare i cambiamenti nella circolazione globale, valutare l’impatto sulle comunità artiche e pianificare le strategie internazionali di adattamento climatico.

L’Artico ancora una volta dimostra di essere molto più che una regione remota, è invece un indicatore anticipato di ciò che accadrà al sistema climatico globale se non verranno attuati degli interventi decisi e rivoluzionari nelle politiche per la transizione verde.

Pietro Boniciolli

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Pietro Boniciolli

Sono laureato in gestione sostenibile dell’ambiente montano presso l’Università di Bolzano e ho una grandissima passione per le scienze polari. Attualmente lavoro come guida Turistica in una grotta sul Carso Triestino, adoro fare trekking e sport di squadra

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