Cultura

L’ultima spedizione, intervista a Nicola Vascon

Nicola Vascon, con il suo romanzo d’esordio L’ultima spedizione, rievoca la tragica vicenda della spedizione Franklin e del viaggio di Francis Leopold McClintock

Il fascino dell’ignoto

Nel 1845 l’ammiraglio britannico John Franklin partì con due navi, Erebus e Terror, alla ricerca del leggendario Passaggio a Nord-Ovest, la rotta che avrebbe collegato Atlantico e Pacifico attraverso i ghiacci artici. Della spedizione si persero presto le tracce: uomini e imbarcazioni svanirono nel silenzio bianco, alimentando uno dei più grandi misteri della storia delle esplorazioni.

A questa vicenda si ispira L’ultima spedizione, romanzo d’esordio di Nicola Vascon, che ci riporta nell’Artico di metà Ottocento tra avventura, ricerca storica e riflessione sull’uomo di fronte alla natura estrema.

Il romanzo e il suo autore

L’ultima spedizione racconta la missione guidata da Francis Leopold McClintock, l’ufficiale incaricato da Lady Jane Franklin di cercare il marito scomparso. Con mezzi ridotti e condizioni proibitive, la spedizione diventa un viaggio nel gelo artico ma anche nella resistenza umana, fatta di coraggio, solidarietà e inevitabili tensioni.

Nicola Vascon, nato a Padova nel 1982, laureato in Ingegneria Meccanica e appassionato di storia e letteratura, vive a Noventa Padovana con la famiglia. Con questo romanzo, pubblicato da Rossini Editore, esordisce nella narrativa storica intrecciando rigore documentario e intensità letteraria.

Come nasce l’idea di raccontare l’Artico attraverso la spedizione Franklin?

«Sono sempre stato affascinato dai diari di bordo delle grandi spedizioni ottocentesche. Quello che mi ha colpito di più è stato il diario di Francis Leopold McClintock: mi piaceva così tanto il personaggio che ho sentito il bisogno di continuare a “dialogare” con lui attraverso la scrittura. Da lì è nato il romanzo.
Scrivendo mi sembrava quasi di dipingere un quadro: volevo che il lettore potesse vedere l’Artico con gli occhi di Francis, immergendosi nelle sue emozioni e sensazioni.»

Il messaggio rinvenuto da McClintock nel maggio 1859 sull’isola di Re Guglielmo, che racconta come si concluse la spedizione Franklin.

La spedizione di Franklin rimane uno dei grandi misteri dell’Artico. In che modo ti sei rapportato a questa vicenda nella scrittura de L’ultima spedizione e cosa pensi rappresenti ancora oggi nell’immaginario collettivo?

«Il mistero affascina sempre, ma a me interessava soprattutto McClintock, che per primo trovò prove decisive sul destino della spedizione. È stato un po’ dimenticato: a Westminster, per esempio, c’è una statua imponente dedicata a Franklin e solo una piccola targhetta cita McClintock.

Mi ha colpito la sua capacità di tenere insieme l’equipaggio non solo con disciplina e attività fisica, ma anche con attenzione psicologica: inventava giornali di bordo, scenografie teatrali, persino lezioni di botanica o matematica per affrontare il lungo buio invernale. Con il romanzo ho voluto restituirgli il riconoscimento che merita.»

Ipotetica rotta della spedizione di Franklin

Il tuo romanzo si intreccia con la grande epopea della ricerca del Passaggio a Nord-Ovest. Cosa ti affascina di più di questa rotta artica e del suo valore storico per l’Europa dell’Ottocento?

«Per l’Ottocento era come la conquista della Luna nel Novecento: un obiettivo quasi impossibile che entrò nell’immaginario collettivo. Da una parte c’erano gli interessi economici dell’Impero britannico, dall’altra la spinta personale degli esploratori, che vedevano nell’impresa un dovere verso la patria e un modo per lasciare un segno. Erano vere e proprie celebrità, seguite dai giornali come oggi accade con i cantanti o celebrità.»

L’Artico era un luogo di conquista. Oggi è un simbolo di vulnerabilità climatica. Vedi un parallelo?

«Allora l’Artico era un mistero da esplorare. Oggi è un campanello d’allarme del cambiamento climatico. La differenza è enorme, ma un parallelo c’è: era il “Marte” dell’epoca. Il dato impressionante è che il percorso fatto allora da McClintock all’epoca richiese tre anni: oggi, con gli stessi mezzi, basterebbe un anno perché i ghiacci non ci sono più. È la prova più concreta del cambiamento che stiamo vivendo.»

In che modo la narrativa può aiutare a comprendere la complessità dell’Artico?

«La narrativa può far innamorare dell’Artico anche chi non lo studia per mestiere. Mi piacerebbe che chi legge il romanzo resti colpito dalle descrizioni e provi curiosità per questa regione. La finzione permette di immedesimarsi nei personaggi e nei paesaggi, creando un legame emotivo che un saggio difficilmente trasmette. Spero che il lettore rifletta su quanto sia cambiato l’Artico: luoghi che 150 anni fa erano barriere invalicabili oggi sono facilmente percorribili. Quello che sembrava eterno non lo è affatto

L’attualità di un viaggio ottocentesco

Prima di congedarsi, Vascon ha aggiunto due riflessioni che ritiene particolarmente attuali.

La prima riguarda il lavoro di squadra: McClintock, con appena una trentina di uomini e risorse limitate, riuscì dove spedizioni molto più grandi fallirono, grazie alla capacità di tenere unito l’equipaggio. «È un messaggio attualissimo: con collaborazione e fiducia reciproca si possono affrontare sfide che sembrano impossibili.»

La seconda riflessione riguarda invece l’ingegno senza tecnologia: «Si orientavano con mappe incomplete, una bussola, osservando le stelle. Oggi rischiamo di perderci senza un navigatore, mentre loro esploravano l’ignoto. Forse erano più intelligenti di noi, perché costretti a ragionare con la propria testa.»

A quasi due secoli di distanza, il Passaggio a Nord-Ovest è navigabile durante alcuni mesi dell’anno a causa dello scioglimento dei ghiacci. Quella che un tempo era una sfida mitica è oggi al centro di nuove rotte commerciali e tensioni geopolitiche.

Con L’ultima spedizione, Nicola Vascon invita a riflettere su come l’Artico resti un territorio fragile e decisivo, dove passato e presente si intrecciano e continuano a ridefinire il nostro rapporto con il pianeta.

Isabella Basile

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Isabella Basile

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Genova, sto proseguendo i miei studi con una magistrale in Security and International Relations. La mia tesi triennale era incentrata sulla “Corsa all’Artico”, un tema che continua ad affascinarmi e coinvolgermi profondamente.

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