Nel cuore dell’Artico svedese, la città di Kiruna è costretta a muoversi altrove per lasciare spazio a una miniera di ferro fondamentale per la transizione energetica europea. E così, quest’estate, una chiesa centenaria ha camminato per chilometri… Anche grazie ad alcune eccellenze italiane dell’ingegneria.
Spostare una città
Negli ultimi anni, Kiruna, la città più settentrionale della Svezia, è diventata un simbolo tanto straordinario quanto contraddittorio del nostro tempo.
Fondata nel 1900 ai piedi della collina di Kiirunavaara, 200 chilometri a nord del Circolo Polare Artico, Kiruna sorse grazie alla scoperta di enormi giacimenti di minerali ferrosi. La città fu creata dalla compagnia statale LKAB, che da allora gestisce la più grande miniera sotterranea di ferro al mondo. Un secolo dopo, quello stesso sottosuolo che le ha dato vita ne minaccia però la sopravvivenza: il terreno, scavato per oltre 1.300 metri di profondità, si sta lentamente sgretolando.

Per salvarla, nel 2014 è iniziata una delle operazioni urbanistiche più ambiziose della storia europea. L’obiettivo è ricollocare Kiruna interamente, spostandola di due chilometri verso est. Case, scuole, monumenti e perfino il cimitero saranno trasferiti su un terreno più stabile entro la fine degli anni Trenta. Un piano imponente, ma anche controverso. Un’intera città viene ricostruita per far posto a una miniera che continua a espandersi.
Oggi LKAB produce l’80% del ferro europeo e punta a estendere ulteriormente le proprie attività con il progetto Per Geijer, dichiarato strategico dall’Unione Europea nel marzo scorso. In quest’area, infatti, si trovano terre rare e minerali critici fondamentali per la transizione energetica e digitale del continente. È il paradosso della “green economy”, per cui la corsa europea verso un futuro più sostenibile poggia sull’estensione della capacità estrattiva e sull’approvvigionamento di terre rare.
Molti osservatori vedono in Kiruna il simbolo più chiaro di questa contraddizione: una città che si sposta per permettere all’Europa di muoversi verso la neutralità climatica, ma a costo del proprio tessuto sociale e culturale.
Le ruote che spostano Kiruna nascono in Italia
Eppure, tra tensioni e celebrazioni, lo spostamento della chiesa di Kiruna, avvenuto tra il 19 e il 20 agosto 2025, ha assunto un valore simbolico enorme. Costruita nel 1912 in legno di pino e abete, ispirata alle tende sami (lavvú) e ai templi scandinavi, la chiesa fu originariamente donata alla comunità dalla stessa LKAB. È considerata uno degli edifici religiosi più belli della Svezia, tanto che nel 2001 fu votata come “il più bel edificio del Paese”.

Dopo otto anni di pianificazione, l’intera struttura – 40 metri di larghezza e 672 tonnellate di peso – è stata sollevata su 56 linee d’assi modulari semoventi e fatta avanzare per cinque chilometri lungo una strada allargata da 9 a 24 metri. L’operazione, durata due giorni, ha richiesto l’impiego di una piattaforma costruita appositamente per sostenere non solo la chiesa, ma anche gli arredi originali: un organo del 1957, un altare dipinto dal principe Eugen di Svezia e decine di sculture lignee centenarie. Allo spettacolo, seguito da migliaia di persone, era presente perfino il re di Svezia Carlo XVI Gustavo.
Un’impresa ingegneristica che ha visto tra i protagonisti anche alcuni nostri connazionali. Infatti, a rendere possibile il movimento millimetrico della chiesa sono stati i veicoli modulari prodotti da Cometto, azienda piemontese con sede a Cuneo, oggi parte del gruppo Faymonville. Per capire come si sposta un edificio storico nel cuore dell’Artico, abbiamo parlato con Fabrizio Lippi, ingegnere capo dell’azienda. Subito dopo, la parola a Davide Andreani, CEO europeo di Mammoet, la società olandese incaricata dello spostamento, che ha seguito da vicino l’operazione sul campo.
Intervista a Fabrizio Lippi, Head of Technical Department, Cometto
Ingegner Lippi, come nasce la vostra partecipazione allo spostamento della chiesa di Kiruna?
“Cometto produce i veicoli modulari semoventi che Mammoet utilizza in progetti di sollevamento e trasporto. In questo caso abbiamo fornito i mezzi e assistito la società durante le operazioni. È un lavoro spettacolare, ma non lo definirei il più complesso che abbiamo affrontato. Si trattava di un edificio delicato, certo, ma le condizioni di movimento erano molto ben pianificate.”

Dal punto di vista tecnico, come si sposta un edificio di queste dimensioni?
“La chiesa è stata posizionata su piattaforme modulari SPMT (Self-propelled modular transporter), veicoli con ruote motrici indipendenti, in grado di muoversi in tutte le direzioni e di ruotare su sé stessi. Tutto è gestito da un solo operatore tramite radiocomando, rendendo le operazioni più sicure. E parliamo di carichi che possono arrivare a 25.000 tonnellate.”
Qual è stata la parte più delicata dell’intervento?
La struttura in legno era molto sensibile alle vibrazioni. Per questo i nostri veicoli sono dotati di un sistema che controlla la forza su ogni coppia di ruote, sollevando il carico in modo uniforme. È come se la chiesa galleggiasse: ogni movimento è calibrato al millimetro, così da evitare qualsiasi stress sui materiali.
E le condizioni artiche? Il freddo o il terreno hanno posto sfide particolari?
“Non in modo significativo. Le nostre macchine sono progettate per lavorare fino a 40 gradi sotto zero. Sotto i 20 occorrono accorgimenti specifici, ma non siamo arrivati a temperature così estreme. Naturalmente il terreno va preparato con grande attenzione, ma Mammoet ha allargato e stabilizzato la strada proprio per questo.”

Siete stati presenti in Svezia durante l’operazione?
“Sì, c’erano nostri tecnici sul posto, pronti a intervenire in caso di necessità. È prassi in questi progetti: quando il contesto è così delicato, il costruttore deve essere lì per monitorare ogni fase. E poi è stato anche emozionante, visto che di solito operiamo in aree industriali chiuse, mentre questa volta eravamo in pieno centro città, con la gente che applaudiva. Era presente perfino il Re di Svezia, cosa che non capita tutti i giorni. Da questo punto di vista è stato molto bello.”
In effetti Kiruna è un progetto molto discusso, ma il trasferimento della chiesa ha raccolto grande entusiasmo, mettendo momentaneamente da parte le polemiche.
Sì, è vero. L’intera operazione ha avuto un risalto enorme. È raro che un nostro lavoro finisca sui giornali o in televisione. In questo caso c’è stato un interesse mondiale: migliaia di persone seguivano il trasporto in diretta streaming. Anche per noi è stato un orgoglio, perché la nostra tecnologia è stata vista all’opera da tutti.
Lei ha definito il progetto “spettacolare ma non il più complesso”. Quali sono le sfide più impegnative per Cometto?
Abbiamo lavorato in progetti spaziali e nel settore delle energie rinnovabili, che richiedono livelli di precisione ancora maggiori. Collaboriamo con NASA, SpaceX e Arianespace per il trasporto di vettori e componenti spaziali, dove le tolleranze di errore sono minime.
Lavoriamo anche nei cantieri navali, dove ci troviamo a dover affiancare sezioni intere di navi in costruzione per essere saldate. Anche qui ogni millimetro conta, ogni dettaglio deve essere perfetto. E anche i contesti diversi influiscono molto sul nostro modo di operare. Ad esempio, abbiamo sviluppato mezzi per trasportare pale eoliche in montagna, dove servono stabilità, potenza e precisione su terreni inclinati o sterrati. Insomma, per sua natura ogni nostra impresa è diversa, e ci insegna qualcosa.”
Intervista a Davide Andreani, CEO di Mammoet Europe
Ingegner Andreani, qual è stato il suo ruolo nel progetto di spostamento della chiesa di Kiruna?
“Il mio coinvolgimento è stato soprattutto di natura istituzionale. Come amministratore delegato per l’Europa non seguo più le attività operative quotidiane, ma per un’operazione così particolare era importante essere presenti. Sono andato a Kiruna per rappresentare l’azienda e per gestire l’enorme esposizione mediatica: durante i due giorni di trasporto erano accreditate circa sessanta testate giornalistiche, e questo avrebbe potuto mettere sotto pressione i nostri project manager, così sono andato io. Ogni giorno ho tenuto conferenze stampa alle 7:00, a mezzogiorno e alle 17:00 per rispondere ai giornalisti.”

Mammoet lavora a Kiruna da anni. Come si inserisce questa operazione in un progetto più ampio?
“Abbiamo iniziato lo studio del trasporto nel 2019. La chiesa è solo l’elemento più iconico, ma nel corso degli anni abbiamo già spostato altri edifici minori e in futuro potrebbero essercene altri. Kiruna continuerà a muoversi finché la miniera non avrà completato l’espansione prevista.”
Che atmosfera si respirava durante il trasporto?
“È stato straordinario. Al di là delle polemiche sulla necessità di spostare la città, quell’evento ha raccolto un entusiasmo generale. C’erano momenti in cui 10.000 persone assistevano al movimento della chiesa: famiglie, camper, turisti arrivati apposta. Kiruna non è un luogo turistico molto noto oltre l’Artico, eppure per due giorni è diventato un palcoscenico mondiale. Ed era presente anche il re di Svezia, non capita spesso di lavorare sotto lo sguardo di un monarca.”
Dal punto di vista tecnico, qual era la sfida principale?
“La delicatezza della struttura. Una chiesa in legno con una parete interna in pietra e un affresco comporta materiali con proprietà meccaniche completamente diverse. Nulla poteva essere lasciato al caso. La chiesa era controllata da un numero elevatissimo di sensori, anche dell’Ispettorato delle Belle Arti. E alla fine abbiamo ricevuto complimenti proprio per la cura e la precisione dell’operazione.”
Eventi così mediatici sono frequenti per Mammoet?
“Assolutamente no. Abbiamo affrontato progetti tecnicamente ben più complessi: dal sollevamento del London Eye negli anni ’90 al posizionamento del nuovo sarcofago del reattore di Chernobyl, che abbiamo spostato su rotaie per 500 metri. Ma nessuno di questi ha avuto un pubblico così vasto. Kiruna è stata unica: un mix di ingegneria, curiosità popolare e valore culturale.”

Com’è il rapporto con Cometto, che ha fornito gli SPMT usati per il trasporto?
“La collaborazione è di lunga data. Gli SPMT sono nati negli anni ‘80 con un altro partner europeo, ma Cometto – ora parte del gruppo multinazionale Faymonville – ha saputo svilupparli ulteriormente. La nostra esperienza trentennale nel loro utilizzo ha contribuito alla loro evoluzione. Sono mezzi oggi indispensabili non solo per Mammoet, ma per tutto il settore.”
Quanti operatori sono necessari per muovere una chiesa di questo tipo?
“Meno di quanto si pensi. Il joystick è in mano a un solo operatore. Attorno a lui una squadra di dodici persone, fra supervisori e tecnici pronti a intervenire in caso di necessità. Contando anche me e il responsabile marketing, in totale eravamo quattordici.”
Enrico Peschiera
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